Una lettrice del blog mi scrive per parlarmi della situazione in cui si trova per via del demansionamento causato da una riorganizzazione aziendale.
Domanda: Come affrontare questo passaggio?
Ciao Arli,
da qualche settimana ho iniziato a leggere i tuoi post nonché le tue preziose e-mail trovando tantissimi spunti interessanti per affrontare il quotidiano e sopratutto il mondo del lavoro. Ho preso anche un quaderno, come è mio solito, in cui appuntarmi alcune dritte ma sopratutto alcune key words che hanno descritto in pieno la mia attuale situazione personale e ovviamente lavorativa.
Purtroppo in seguito a […] in cui l’azienda ha rischiato di fallire, solo l’acquisizione da parte di una multinazionale ci ha salvato. Sì, ma a caro prezzo (demansionamento e -15% di stipendio per 4 anni).
I nuovi arrivati non hanno fatto i colloqui con tutto il personale e ci hanno messo un po’ qua e un po’ la senza capire bene le capacità e potenzialità che avevamo negli anni acquisito.
Ora mi ritrovo in un ruolo non mio. Non vedo vie d’uscita, né possibilità di crescita. Trovo le mie attuali mansioni di lavoro troppo noiose e poco appaganti. Ho pagato con la salute, purtroppo, il mio tergiversare e il mio stringere i denti nonostante tutto e il volermi accontentare ad ogni costo.
Ho pensato più volte di mollare fino a quando non mi è venuto in mente di propormi ai miei nuovi capi chiedendo di essere adibita a ruoli più in linea con il mio percorso lavorativo ma soprattutto con le aspirazioni professionali.
Vorrei solo capire in che modo comunicare questo mio desiderio, qual è il giusto atteggiamento da tenere di fronte a persone che non mi conoscono, che guardano solo al profitto, per i quali siamo solo dei numeri di una azienda che hanno salvato dall’orlo del fallimento.
Ho provato a scrivere varie lettere in cui brevemente spiego la mia storia all’interno dell’azienda, quali competenze ho acquisito e quali sono le mie qualità personali e professionali (precisione, attenzione ai dettagli, diligenza, continua voglia di apprendere, di raggiungere velocemente autonomia qualora venga assegnata a nuove mansioni…) ma non so come rendere bene il concetto a cui anche tu spesso fai riferimento: per quale motivo dovremo assumerti in altri ruoli?
Come posso meglio esprimere il maggior valore che potrei portare all’azienda se fossi messa nelle possibilità di svolgere un lavoro più qualificante che realizzi il mio potenziale facendo qualcosa in cui credo?
Quindi, l’obiettivo adesso ce l’ho (essere messa in un nuovo ufficio), i perché pure (ne ho trovati più di 10!). Mi manca solo il modo di poterli comunicare e fare in modo che i miei “perché” soddisfino e creino il valore che la nuova azienda cerca.
Hai consigli da darmi su come meglio affrontare questo passaggio?
RISPOSTA: Come affrontare un demansionamento a causa di una riorganizzazione aziendale
Ciao N.,
Ho letto con molta attenzione la tua email e penso sia molto positivo il fatto che tu abbia preso consapevolezza delle ripercussioni che questa situazione ha sul tuo operato, la tua motivazione e addirittura sulla tua salute.
Qualunque cosa accada al nostro lavoro, dovremmo sempre trattare noi stesse, il nostro benessere mentale e quello fisico come un’assoluta priorità. Anche nella più rosea delle situazioni, che importa se otteniamo un aumento o una promozione, se poi non stiamo bene con noi stesse?
Fra la riorganizzazione aziendale, il demansionamento e il 15% in meno di stipendio posso benissimo comprendere le ragioni del tuo sconforto, ma fai benissimo a non volerti accontentare.
Ecco alcune considerazioni su cui, da osservatrice esterna, vorrei farti riflettere.
1. Come comunicare
Hai detto di aver scritto diverse lettere per perorare la tua causa. A chi intendi inviarle?
Personalmente io non invierei una lettera per parlare di un argomento cosi sfaccettato. Scriverei piuttosto un’email in cui chiedi un breve incontro con la persona di riferimento più vicina a te che prende le decisioni in questo contesto (il “decision maker“) spiegando brevemente lo scopo dell’incontro.
Usa la lettera che hai già scritto solamente come:
- Schema mentale per guidare la conversazione e avere una scaletta chiara di quello che vuoi dire
- Email di follow up per riassumere l’incontro e le conclusioni/passi successivi che avete concordato
Prima di farlo cerca di farti un quadro chiaro di come si siano modificate le dinamiche in azienda. Chi prende le decisioni e ha il potere di farlo? Come intende muoversi la leadership post-acquisizione? Cerca di parlare con quante più persone possibili, di capire che aria tira e come si stanno muovendo le altre persone.
Da quello che racconti non mi sembra che ci sia un mentore o uno sponsor in azienda che possa coprirti le spalle o darti suggerimenti in merito. In questa fase, quindi, fai leva sulle alleanze “orizzontali” (quelle con colleghi). Fai leva sullo spirito di gruppo e sul fatto che siete tutti sulla stessa barca. Trova i tuoi alleati e supportatevi a vicenda, invece di entrare in un’ottica di competizione.
2. Cosa comunicare
Regola numero 1: per risolvere un problema, devi avere molto chiaro il problema.
Il fatto che tu abbia stilato una lista delle tue competenze è già un ottimo punto di partenza. Lo step successivo? Identifica (attraverso il lavoro di indagine al punto 1) quali sono i problemi più urgenti che il nuovo management deve affrontare e cerca di capire quali sono i punti di contatto con le tue competenze.
A volte una certa hubris manageriale, accompagnata alla paura di apparire esitanti o impreparati, porta chi arriva al comando di una nuova azienda a voler fare, cambiare e stravolgere tutto. Perdendosi una fonte di informazione (e potenziale fidelizzazione) immensa: quella che detengono i dipendenti di vecchia data.
Visto che però non possiamo cambiare il modo in cui lavorano gli altri, ma solo quello in cui operiamo noi, una volta che avrai un quadro chiaro prova a muoverti così.
- Sii estremamente propositiva, portando sul tavolo soluzioni pratiche e non un ennesimo problema. In quale nuovo ufficio vorresti essere trasferita? In che modo questo porterà un vantaggio all’azienda e al team? Quale sarà il tuo piano di azione? Sotto chi vorresti andare a lavorare? Conosci già qualcuno in quel team con cui puoi iniziare a collaborare? Queste sono alcune delle domande che puoi iniziare a rivolgere a te stessa, perché saranno poi le stesse che ti verranno chieste durante il colloquio.
- Se possibile, inizia già a svolgere alcuni dei task tipici del ruolo in cui vuoi subentrare. Quando il potere non ci viene dato, abbiamo sempre la possibilità di andarcelo a prendere (hai letto questo post che avevo condiviso qualche tempo fa su Instagram?). Non devi farlo certo in maniera ostile o illecita. Ma iniziando ad aggiungere valore nelle aree di tuoi interesse. Così facendo, ti sarà molto più facile dimostrare come puoi farlo in maniera più formale attraverso un trasferimento di ruolo. Perché hai già iniziato a farlo!
Una nota dal punto di vista relazionale. Nella tua email hai scritto di avere a che fare con persone che non ti conoscono e che si interessano solo al profitto.
Sulla prima parte, assumiti tu la responsabilità di farti conoscere. Sulla seconda, prova a fare uno sforzo e vedere la situazione anche dal punto di vista di chi è subentrato in una situazione nuova con il difficile compito di salvarla. Non ti dico di invertire i ruoli e dispiacerti per loro, ti suggerisco di fare quello sforzo di empatia e intelligenza che possa aiutarti a comprendere anche le sfide della loro situazione.
Per citare Sun Tzu ne “L’arte della Guerra”: “Se conosci il nemico e te stesso, la tua vittoria è sicura. Se conosci te stesso ma non il nemico, le tue probabilità di vincere e perdere sono uguali. Se non conosci il nemico e nemmeno te stesso, soccomberai in ogni battaglia”.
Conoscere te stessa in questa situazione significa conoscere i tuoi punti di forza e quello che hai da offrire. Conoscere “il nemico” significa capire quello di cui loro sono alla ricerca. Se “guardano solo al profitto”, dimostra come il tuo lavoro può avere un impatto su quello.
E infine, lo sforzo supremo. Prova ad immaginare che non ci sia nessun nemico e nessuna guerra in corso. Solo persone, esseri umani che vivono la propria vita cercando un senso al loro stare al mondo, un’identità in quello che fanno.
Io so bene che non tutti, in ambito lavorativo, sono animati da buone intenzioni. Ma fino a che non danno chiara prova del contrario, agisco sempre come se lo fossero. Perché so che questo tira fuori il meglio di me.
Adotta la loro prospettiva
Ultimo ma non ultimo, voglio suggerirti un ulteriore cambio di prospettiva sul modo di guardare alla situazione.
Lo so bene. In situazioni simili entriamo in uno stato di “sopravvivenza”, in cui l’obiettivo principale diventa quello di restare a galla. Il nostro modo di agire e pensare si restringe velocissimamente ed entriamo in un mindset di scarsità. Giochiamo in difensiva, piuttosto che “in attacco”, in espansione.
Perché non provi ad usare questo periodo come un momento di crescita personale?
- Dai spazio alle abitudini e alle persone grazie a cui ritrovare il piacere di stare con te stessa ed essere te stessa.
- Allena le tue doti di leadership “dal basso”: con i tuoi colleghi, ma anche con i tuoi nuovi superiori.
- Sii la protagonista di questo capitolo della tua vita, non la vittima degli eventi. Il quasi-fallimento dell’azienda può trasformarsi nel tuo grande successo. Una tua personale virata, personale e professionale.
Lo so che non è facile, ma cos’hai da perdere? E soprattutto: qual è l’alternativa?
Un grande in bocca al lupo!
Arli.
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