Dieci lezioni che ho imparato guardando il film “Il diavolo veste Prada” su lavoro, stile, relazioni con i colleghi, carriera e vita privata.
Ci sono episodi, nella vita di ognuno, in cui improvvisamente ci rendiamo conto di quanto inclemente sia l’incedere incessante del tempo che passa. Detta in maniera più semplice: episodi in cui ci rendiamo conto che… ce stamo a fà vecchi!
Succede, ad esempio, quando torni in un luogo della tua infanzia. E tutto ti sembra tanto più piccolo rispetto a quel che ricordavi nella tua memoria da bambino. O quando il cassiere ti chiama “Signora”, tu ti giri per vedere a chi si sta rivolgendo e vedi che dietro di te non c’è nessuno.
O ancora, quando leggi che il film che eri andata a vedere una domenica pomeriggio con le amiche del liceo (lasciando a metà la traduzione della versione di greco) la scorsa settimana ha compiuto 10 anni.
Ebbene sì, era il 13 ottobre 2006 e nelle sale italiane, sulle note introduttive di “Suddenly I see” di KT Tunstall, usciva “Il diavolo veste Prada”. Colta da un acuto momento di nostalgia (altro segno tipico della senilità che avanza) questo fine settimana ho deciso di riguardarlo.
E devo dirlo: oltre ad essere una commedia con un bel ritmo, validi spunti per gli outfit da ufficio e ottime interpretazioni delle attrici protagoniste, “The Devil Wears Prada” è anche fonte di non pochi insegnamenti per ogni donna alle prese con lavoro, vita privata e carriera.
Ci sono 10 lezioni in particolare che può ricordarci, una per ogni anno trascorso dalla sua uscita nelle sale. Se non hai ancora visto il film, ti consiglio di farlo e tornare a leggere l’articolo 😉
1. Prima lezione di “Il diavolo veste Prada”: Porta risultati, non scuse
All’ingresso in ufficio della sublime Meryl Streep (nel film Miranda Priestly, la potente direttrice della rivista di moda americana Runway), la prima assistente le corre incontro cercando di spiegarle come mai non è riuscita a confermare un appuntamento. Di tutta risposta, Miranda replica:
I dettagli sulla tua incompetenza non mi interessano – Miranda Priestly.
Le sue risposte caustiche fanno tutte parte del personaggio. La lezione però resta: fai tutto quel che puoi per portare sul tavolo risultati, non scuse.
Soluzioni, non giustificazioni.
2. Mai arrivare impreparata a un colloquio
Al primo colloquio con Miranda, Andy, la neo-laureata aspirante giornalista appena arrivata a NYC, dichiara apertamente di non conoscere la persona che la sta intervistando, né di avere alcun interesse particolare per la rivista per cui andrebbe a lavorare (“ho mandato lettere da tutte le parti, o qui o niente…”).
Viene quindi sbolognata senza tante cerimonie cortesemente invitata ad uscire.
E qui, in un moto di orgoglio, la bella Anne Hathaway tira fuori tempra e carattere e racconta di quanto sia una ragazza sveglia, grande lavoratrice che impara in fretta e bla bla bla.
Viste le premesse, siamo tutti d’accordo sul fatto che l’assunzione che ne consegue poteva accadere solo in un film come “Il diavolo veste Prada”, vero?
Non sottolineerò mai abbastanza quanto la propria personalità influisca in un colloquio di lavoro. Ma se sei davvero in gamba, inizia preparandoti al colloquio al meglio che puoi (trovi i migliori consigli pratici per farlo in questo articolo).
3. Parla la stessa lingua delle persone con cui lavori
Una delle scene più memorabili del film è quella in cui, durante una rassegna, vengono mostrate a Miranda due cinture molto simili, che una delle persone lì presente definisce “talmente diverse”.
Ad Andy scappa una risata, che giustifica dicendo “quelle cinture mi sembrano esattamente identiche, ma io sto ancora imparando tutto di questa roba“.
Per quanto in quel momento si possa concordare con lei, la risposta di Miranda (con tanto di spiegazione sulla differenza fra azzurro, turchese, lapis e ceruleo e il breve excursus di storia della moda che ne consegue) è assolutamente fantastica.
E ci insegna un’altra lezione importante: impara quanto prima a parlare la stessa lingua delle persone con cui lavori. Se la cintura è lapis, fai contenta la tua capa e chiamala lapis!
Non solo: se continui a trovare risibili gli argomenti di cui si parla quotidianamente nel tuo lavoro, qualcosa non torna. Tempo di farti qualche domanda.
4. Pensa strategico e a lungo termine
“Fare l’assistente di Miranda apre tantissime porte“, dice Andy ad un certo punto de “Il diavolo veste Prada”.
Quello che sta facendo non è il lavoro che sogna. Eppure ha scelto di investire un anno della sua vita in questa esperienza, consapevole del fatto che in futuro potrà portarle i suoi frutti.
La lezione? Pensa strategico, scegli l’opzione migliore e considera ogni esperienza come un investimento.
5. L’abito fa la stagista. Vestiti come richiede l’ambiente
Andy: “Miranda mi ha assunto, lei sa come mi vesto”
Nigel: “E tu?”
A venti minuti dall’inizio del film, è chiaro a tutti che Andy non è certo una maniaca dello shopping come la protagonista dei romanzi della Kinsella, né una fervente appassionata di moda.
Come la descrive Miranda, è una ragazza che…
Apre l’armadio e sceglie un maglioncino azzurro infeltrito per gridare al mondo che si prende troppo sul serio per curarsi di cosa si mette addosso – Miranda Priestly.
Che si condivida il suo pensiero oppure no, una cosa è certa: ogni ambiente ha le sue regole, anche in termini di dress code. Ed è importante adeguare il proprio stile al posto in cui si lavora.
Questo non vuol dire rinunciare alla propria personalità o alle proprie idee, tutt’altro. Significa avere cura e rispetto di sé e del luogo di lavoro (luogo in cui, ricordiamocelo, nessuno ci ha costrette a firmare un contratto per lavorarci).
6. Non lamentarti, agisci
Dopo l’ennesima strigliata ricevuta, Andy va a farsi consolare da Nigel (il più stretto collaboratore di Miranda) sfogandosi con lui circa i modi “diabolici” della sua capa.
Fuori del contesto di una commedia americana, non c’è certo bisogno di far presente quanto questa mossa sia ingenua. Quello che però vale la pena sottolineare è una parte del dialogo fra i due:
Nigel: Allora vattene. Io una che prende il tuo posto la trovo in 5 minuti. Una che lo vuole veramente.
Andy: Ma io non voglio andarmene. Non è giusto. Dico solo che vorrei un minimo di riconoscimento. Sto facendo il massimo per lei.
Nigel: Ah, Andy. Siamo seri. Non stai facendo il massimo. Tu – ti – stai – lamentando. Svegliati tesoro!
Qualunque sia il tuo lavoro, ricorda: non sei lì per farti coccolare. Valuta se stai davvero lavorando al meglio, se il lavoro ti ripaga del tuo operato e, se proprio non è così, cerca un’altra alternativa.
Più facile a dirsi che a farsi? Certo. Ma siamo seri, come direbbe Nigel.
Nelle mie esperienze di lavoro non so quanti colleghi ho sentito lamentarsi di superiori, paga, scatti di stipendio, tipologia di contratto e via dicendo. Al momento di dover scegliere, però, tutti trovavano troppo faticoso rimettersi a cercare un altro lavoro.
Beh, come dice il proverbio, “chi è causa del suo mal…”.
7. Fidarsi è bene (fino ad un certo punto)
Siamo in una delle scene finali di “Il diavolo veste Prada” [attenzione, rischio spoiler]. Nonostante tutti gli anni di fedele servizio, Nigel riceve una sorpresa non proprio gradita da parte di Miranda. La sua reazione?
Nigel: Quando sarà il momento saprà ricompensarmi.
Andy: Ne sei così sicuro?
Nigel: No, ma la speranza è l’ultima a morire. Per forza.
E invece no. Se senti che nel tuo attuale lavoro non vieni valorizzato, se ritieni di ricevere sgambetti e limitazioni, invece che supporto e riconoscimenti, comincerei seriamente a guardarmi attorno.
8. Non esiste solo il lavoro
Ad un certo punto il saggio e navigato Nigel esclama:
Fammi sapere quando la tua vita va completamente a puttane, vuol dire che è l’ora della promozione – Nigel.
Tralasciamo il fatto che trovo un po’ triste che si debba rinforzare lo stereotipo per cui una donna di successo nel lavoro debba per forza aver cambiato 3 mariti e avere una vita personale disastrosa.
La boutade di Nigel risulta senz’altro simpatica all’interno del film, quasi galvanizzante quando si assiste all’ascesa fulminante della giovane Andy all’interno di Runway.
Nella vita reale, però, occorre pesare molto attentamente l’attenzione, il tempo e le energie che vogliamo incanalare nel lavoro e quelle da dedicare alla vita privata.
E di fatto lo dimostra anche il film, con la sua morale finale e la decisione di Andy riguardo la storia col suo ragazzo (benché lui vada in giro facendo domande ingenue del tipo “Perché le donne hanno bisogno di tutte queste borse?”).
Quando non manchi nemmeno una chiamata con una persona, è con quella che hai un rapporto – Il diavolo veste Prada
9. Dai il giusto peso ai colleghi
Andy lavora con una deliziosa collega che la biasima per il fatto di “mangiare carboidrati” e che ha inventato la dieta de formaggio (“Non mangio niente. E poi, quando sento che sto per svenire, butto giù un cubetto del formaggio“).
Una Emily Blunt sempre gentile, cordiale e particolarmente empatic…AH NO.
Ecco, nonostante la sua collega non brilli certo per simpatia, lei non si lascia né scoraggiare né si abbassa al suo livello.
Se hai colleghi/e simili a quella di “Il diavolo veste Prada”, non devi certo fare la brava ragazza e subire passivamente, ma nemmeno lasciare che influenzino negativamente le tue giornate e il tuo lavoro, covando un astio che si ripercuoterebbe solo su di te.
Dai loro il peso che meritano (quello di un cubetto di formaggio).
10. Non vendere l’anima al diavolo
Non essere ridicola Andrea. Tutti vogliono questa vita. Tutti vogliono essere noi – Miranda Priestly, Il diavolo veste Prada.
…o forse no? Uno dei motivi per cui alla fine Miranda sembra apprezzare di più Andy, è il fatto di “saper scegliere per se stessa“. Ed Andy lo dimostra clamorosamente nel finale del film.
Persino un lavoro favoloso non è detto ci renda felici (figuriamoci uno appena passabile). Scegliamo anche noi per noi stesse la strada che potrà garantirci maggiori soddisfazioni.
Per concludere…
Il lavoro, come ogni altro progetto o la vita in generale, è una maratona, non uno sprint.
Nei film il viaggio dell’eroe (che incontra un ostacolo, attraversa difficoltà, trova i mezzi per superarle e giunge infine alla lieta conclusione), è incredibilmente rapido e condensato in 90 minuti. Nella vita reale, come ben sappiamo, ci vuole… giusto un po’ di più.
E le giornate no, le incomprensioni coi colleghi e i superiori, sembrano rappresentare la gran parte del percorso.
Non demordere.
Tieni gli occhi sulla meta, impara tutto quello che puoi lungo il percorso e ricorda: il mondo non è solo del diavolo.
Renato dice
Ottimi spunti per riuscire ad avere successo nella vita privata e professionale. Brava
Arli dice
Grazie Renato 🙂
mirko dice
ottimi spunti
Arli dice
Grazie Mirko.