Maternità e lavoro: un connubio complesso da gestire già di suo, reso ancora più difficile per molte donne in Italia. Maura, Sales Manager in eGym e mamma, ci dà qualche consiglio a riguardo.
Fra le tante email che ricevo, quelle che più mi toccano e fanno arrabbiare sono quelle delle tante professioniste che vengono ogni giorno penalizzate e ostacolate nel mondo del lavoro per il loro essere madri.
È un problema di molti paesi (ahinoi particolarmente sentito in Italia) le cui conseguenze colpiscono noi tutti, uomini e non-genitori inclusi. Le donne che si vedono costrette ad abbandonare il proprio lavoro dopo il periodo di maternità, infatti, rappresentano un enorme spreco di talento -e di ricchezza- per l’intero paese.
Qualche tempo fa, in un’email di una lettrice, una neo-mamma bis mi raccontava della grande ansia con cui stava affrontando l’idea del rientro al lavoro. Da una parte una neonata e una bimba di pochi anni da seguire. Dall’altra un capo che cambiava continuamente le carte in tavola e che le chiedeva di “lavorare un paio di ore al giorno” mentre era ancora in maternità e senza aiuti extra in casa.
La parte del suo racconto che più mi ha rattristata e fatta arrabbiare, però, era in questa domanda: “Secondo te dovrei chiedere che mettano per iscritto le condizioni contrattuali che avevamo concordato prima della maternità o è chiedere troppo? In fondo mi stanno aspettando, non dovrei sentirmi grata?”.
Quante altre donne vivono situazioni simili quando si trovano a conciliare maternità e lavoro?
- Impossibilitate a godersi un momento che è magico, unico ed irripetibile da un lato, ma anche sfidante e stancante (mentalmente e fisicamente) dall’altro.
- Costrette da necessità economiche a sottostare a condizioni e trattamenti spesso indegni di un paese civile.
- Incapaci di far sentire la propria voce e rassegnate all’idea che “tanto le cose vanno così…“
E invece non è così che devono andare.
Ciao Maura 🙂 Oggi sei mamma di una bimba di cinque anni. La scelta e i tempi della maternità sono stati in qualche modo influenzati da considerazioni o paure legate alla tua carriera?
C’è un intero capitolo in “Facciamoci avanti” di Sheryl Sandberg in cui l’autrice parla dell’importanza di saper scegliere il partner giusto. E anche sapere, se necessario, guidarlo verso una visione paritaria della coppia.
A differenza di tante donne che vivono nel nostro Paese (approfondirò questo punto a breve), ho al mio fianco una persona che non ha mai reputato il suo lavoro più importante del mio. E che, una volta diventato padre, si è sentito Genitore della nostra bambina tanto quanto me.
È stato sempre in prima linea su tutto, nell’organizzazione e nell’operatività. Per questo anche la scelta di avere un figlio è nata dalle valutazioni che entrambi abbiamo fatto sulle “ripercussioni” nella nostra vita professionale.
È chiaro, nel mio caso c’è stata un’assenza dal lavoro ed è evidente che le principali conseguenze le abbia vissute io. Credo che però sia importante sottolineare che sono state una scelta e una responsabilità assolutamente condivise.
Sta a noi donne essere il motore del cambiamento e dell’evoluzione nella relazione col partner, ne sono stata sempre convinta. La scelta di avere un figlio è stato per noi un forte desiderio e il peso delle conseguenze sul lavoro non è stato determinante.
Non entro nei dettagli, ma di certo non posso dire che per me le conseguenze non ci siano state e che non sia stato difficile “risollevarmi”. Ma tant’è, oggi sono qui, sono cresciuta professionalmente e sono felice del mio percorso. A dimostrazione che tutto è davvero possibile.
In quasi tre anni di lavoro con “Le Cicogne” sei stata esposta a tantissime storie di donne, madri e lavoratrici. Da questo punto di vista privilegiato, a quali conclusioni sei arrivata riguardo le principali difficoltà che le madri lavoratrici in Italia affrontano nel gestire maternità e lavoro?
Ho parlato con centinaia e centinaia di donne, per la maggior parte lavoratrici full time, che ai miei occhi avevano tutte lo stesso terribile aspetto in comune.
Erano sole. L’intera organizzazione della vita dei loro figli era completamente sulle loro spalle. Dagli scioperi e riunioni a scuola alle emergenze, dai compiti alle attività extra-scolastiche, dalla spesa alle scadenze.
Tolta una bassa percentuale di mariti più attivi, per il resto le mamme che ci contattavano dovevano barcamenarsi tra nonni, drammatiche uscite anticipate dal lavoro, altre mamme e baby-sitter.
Pochissimo aiuto da casa, zero aiuto dalla scuola, per non parlare dell’aiuto dallo Stato e dalle aziende.
Le aziende, poi: in molte realtà, se diventi madre, scendi inesorabilmente in “serie B”.
Non conta quanto hai dato prima. Non contano le capacità organizzative e di gestione che hai sviluppato con la maternità. Hai un simpatico “bollino mamma” stampato in volto e lì resterà.
In un panorama di questo tipo, è davvero difficile puntare su una carriera.
A proposito… consiglierei a tante aziende di informarsi sul programma Maam, la Maternità è un Master. Ad oggi è stato attivato con successo in più di 60 aziende italiane e internazionali.
Nel 2019, l’Ispettorato nazionale del lavoro ha registrato oltre 49 mila dimissioni o risoluzioni di contratto di lavoratrici madri (per la maggior parte) e lavoratori padri. Molte donne si trovano nella posizione di dover lasciare il proprio lavoro una volta diventate madri. Secondo te quali sono alcuni aspetti su cui possono concentrarsi per rendere la conciliazione fra maternità e lavoro più semplice, sia prima che dopo?
Nel panorama italiano attuale, intraprendere una carriera per una mamma significa dover affidare a terzi molte attività legate alla famiglia e ai figli. E molto spesso con costi non poco proibitivi.
Penso ad ad esempio ad asilo nido, baby-sitter, gestione della casa… e una miriade di altre cose di cui ti rendi pienamente conto solo nel momento in cui le vivi.
Mi piacerebbe che il pensiero di conciliare tutto questo nascesse in primis dalle Istituzioni. Che prendessero d’esempio i paesi del nord Europa come la Germania. Lì gli asili hanno costi bassissimi. Le scuole e le aziende hanno orari allineati per consentire a mamme e papà di avere una vita equilibrata e decisamente più serena. E, per fare un ultimo esempio molto eloquente, le neo-mamme hanno diritto a una puericultrice a domicilio per diverse settimane successive al parto.
Qualcosa, però, si può e si deve fare anche nel nostro quotidiano. Alcune cose sono particolarmente importanti:
- Essere in grado di pianificare un evento come la maternità da più punti di vista, anche da quello dell’organizzazione generale e degli eventuali costi da sostenere nei primissimi anni di vita del bambino.
- Sapere se i nonni potranno sostenerci o, in caso contrario, avere pronti più piani sostenibili.
- Scegliere un partner che abbia la nostra stessa visione e in grado di essere il più possibile operativo e presente (più che importante direi prioritario).
In ultimo, si deve credere in se stesse e nell’amore per il proprio lavoro. Mi distrugge ascoltare storie di donne brillanti che chinano la testa e lasciano il lavoro perché non hanno chi le sostiene. Non hanno un partner che le comprenda e si auto-convincono che quella sia la decisione più giusta. Si mettono da parte, si scordano di sé.
Alle soglie del 2020 lo trovo inaccettabile.
Prima di diventare madri è difficile immaginare quanto radicalmente cambieranno le proprie priorità, scelte e giornate. Dopo cinque anni da mamma, quale consiglio daresti alla Maura di cinque anni fa a cui non avevi minimamente pensato?
Se ripenso alla me prima di diventare mamma, la prima immagine che mi viene in mente è quella di una ragazzina che deve ancora scontrarsi con le vere difficoltà della vita!
Sto esagerando un po’, ma la maternità ti catapulta davvero in una dimensione sconosciuta e imprevedibile.
È sicuramente importante pianificare l’arrivo di un bambino, ma è davvero impossibile poterlo fare a tal punto da considerare tutte le variabili di un cambiamento così grande.
È solo con l’esperienza sul campo che si capisce il modo migliore per gestire ogni situazione, ogni emergenza, ogni ribaltamento di priorità.
Se c’è, però, una cosa che consiglierei alla me di più di 5 anni fa, è quella di diventare madre all’interno di un’azienda il più possibile all’avanguardia sul concetto di maternità.
Nel nostro Paese non è di certo semplice. Probabilmente, però, se all’epoca avessi focalizzato di più i miei sforzi su questo aspetto le cose sarebbero andate certamente meglio. E avrei vissuto questo delicato passaggio con la giusta dose di serenità. E anche con la giusta voglia di tornare a lavoro!
Ringrazio Maura del tempo e dei consigli che ci ha regalato. Se desideri scoprire qualcosa in più sul suo percorso puoi leggere l’articolo in cui ne parliamo qui e puoi trovarla su LinkedIn a questo link.
Mi auguro davvero che le sue riflessioni siano utili a chi già si trova ad affrontare le sfide legate a maternità e lavoro e chi pianifica invece di fare questo passo in un prossimo futuro.
Se ti va di condividere la tua esperienza, ti aspetto come sempre nella sezione dei commenti.
A presto,
Arli.
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