Lasciare il lavoro oppure no? Con questo articolo in 2 parti voglio offrirti una mappa e delle domande per prendere una decisione non sempre facile.
Magari è successo anche a te. Fino a che siamo a scuola, il tempo e gli anni sono ancora ben scanditi e delineati da tappe precise.
Elementari. Medie. Scelta del liceo, maturità, università. Primo anno, secondo anno, terzo anno. Vado a lavorare o continuo a studiare? Specialistica. Primo anno, secondo anno. Master. Mondo del lavoro.
Da lì in poi, siamo come buttate in acqua, con tutte le nostre nozioni teoriche e gli anni di studio, e ci viene detto: “Vai, è ora di nuotare”.
Da lì in poi, i mesi e gli anni passano senza che nemmeno ce ne accorgiamo. Iniziamo ad adottare i modi di lavorare, pensare e vivere dei contesti professionali in cui ci troviamo, dei colleghi che frequentiamo (che spesso non scegliamo).
Che siamo dipendenti o libere professioniste, ci immergiamo completamente nella vita del mondo del lavoro: i ritmi, le richieste di capi e clienti, gli orari impossibili, aspettando il weekend, aspettando le ferie, Natale, Capodanno, l’Epifania…
- Alcune di noi vanno avanti, per passione o perché trascinate dalla corrente, facendo carriera secondo il percorso standard delineato dall’azienda X di turno.
- Altre di noi decidono di uscire dai ranghi e crearsi da sole la propria strada. Non senza vari inciampi, difficoltà e fatiche che paghiamo come pedaggio.
- Altre ancora iniziano a sentire un’insoddisfazione di fondo legata al lavoro che ci siamo scelte (o che ci ha scelto o ci è capitato). E quell’insofferenza spesso è lì senza che nemmeno riusciamo a comprenderne il perché.
Lasciare il lavoro: una mappa da cui partire
Ci sono passata anche io. E non in uno, ma in diversi momenti del mio percorso. Quando ero in Italia, quando mi sono trasferita in UK, quando ho deciso di lasciare il lavoro in certe aziende, poi il mondo corporate, poi il mondo start-up, poi di licenziarmi del tutto e dedicarmi a donna in Carriera!
Momenti in cui non avevo idea di cosa fare, dove andare, quale fosse la direzione migliore da prendere… In cui mi sentivo in balia di eventi, consigli e opinioni contrastanti.
Perciò, in questo percorso, voglio provare a creare una sorta di mappa professionale. Guardare a quali sono le tappe più comuni della nostra carriera da quando nasciamo (sì), a quando andiamo in pensione, e provare a capire dove ti trovi ora, cosa sta funzionando e cosa no. E, nell’ultimo caso, capire dove si è inceppato il meccanismo e come riavviarlo.
Piccola avvertenza
Per creare questa bozza di mappa -perché poi la sua definizione spetta a te- mi sono avvalsa del modello di sviluppo di carriera di David Super (vabbè, che cognome fantastico :D). È una teoria dello sviluppo che riconosce come, nel corso della nostra vita, mentre cresciamo e maturiamo, attraversiamo 5 diverse fasi, a cui corrispondono dei temi ricorrenti.
Questo modello -come ogni tentativo di categorizzazione della realtà- ha un paio di limiti:
- Non riflette necessariamente la non-linearità di tantissimi percorsi di carriera moderni.
- Non insiste abbastanza sul fatto che, molte di noi, quelle 5 fasi le abbiamo già vissute e stravolte ancor prima di arrivare ai 30 anni 😀
Però... ha il grande vantaggio di fornirci dei punti cardinali, dei capisaldi. Dei riferimenti a cui possiamo anche guardare e dire: “Mmm, no, questa cosa non fa per me”.
Va benissimo. Non devi prendere il modello alla lettera, non devi fare confronti, non devi sentirti in colpa se hai saltato, evitato o ti sei soffermata più del dovuto su una fase che ti ha resa insoddisfatta.
Il tuo percorso di carriera è tuo. La tua vita è tua.
E tu puoi costruire entrambi come vuoi tu, su misura per te. Io sono qui per darti qualche indicazione, che mi auguro ti dia chiarezza sulla nuova svolta da prendere e se lasciare il lavoro che stai facendo ora sia la scelta giusta per te.
Fase 1: Crescita
È l’età che va da quando nasciamo ai 13 anni. Il periodo che corrisponde all’infanzia e alla pre-adolescenza, in cui il lavoro è ancora un pensiero vago. Tutt’al più, la domanda che ci sentiamo rivolgere a proposito è il solito: “Cosa vuoi fare da grande?”
Come se a 6 anni conoscessimo tutte le opzioni del mondo del lavoro (o come se quest’ultimo dovesse rimanere identico a se stesso nei 15 anni che ci separano).
Allora perché partiamo da così indietro? Beh…
Quello della crescita, è il periodo della vita in cui sviluppiamo le nostra capacità, i nostri interessi, la nostra visione del mondo e una prima immagine di noi stesse. In cui fantastichiamo su futuri possibili o a volte piuttosto improbabili (a meno che non ti chiami Samantha Cristoforetti e sei diventata davvero un’astronauta :D). Non solo, è anche la fase in cui:
- Acquisiamo sempre più indipendenza e controllo sulla nostra vita.
- Ci inseriamo progressivamente nel tessuto sociale e iniziamo a comprenderne le regole.
- Cominciamo ad acquisire competenze, comportamenti e attitudini che saranno poi spendibili nel mondo e nel mondo del lavoro.
In che modo la fase di crescita, che hai già completato, influisce sulla tua decisione di lasciare il lavoro o cambiare carriera? Beh, è presto detto…
>> Riflessioni (retrospettive) sulla fase di crescita
Quello della crescita è, da un lato, il periodo in cui iniziamo a conoscere noi stessi. Dall’altro, però, è il periodo in cui il mondo e la società entrano a gamba tesa nel nostro mondo a dirci chi dobbiamo essere e cosa dobbiamo fare.
Già da piccolissime, con tutte le influenze che riceviamo (soprattutto le giovani ragazze), è facile essere deragliate verso una direzione che non è la nostra. Che non ci assomiglia. Che non risponde ai nostri talenti, alla nostra personalità e sensibilità.
Ne ha parlato anche Michelle Obama nella sua autobiografia “Becoming – La mia storia”:
Adesso credo che ‘Cosa vuoi fare da grande?’ sia una delle domande più inutili che un adulto possa rivolgere a un bambino. Come se crescere fosse un processo che a un certo punto finisce. Come se a un certo punto si diventasse qualcosa e basta, fine della storia
Quindi proviamo a fare un salto nel passato con alcune domande:
- Prima che la società entrasse a gamba tesa nel tuo mondo, cosa ti piaceva e ti ispirava?
- Cosa ti divertiva, ti accendeva o ti faceva arrabbiare di come va il mondo?
- Ci sono parti di te, sogni e desideri che hai trascurato o che si sono persi per strada?
Ripensa alla te stessa di 5, 10 o 13 anni e provare a far affiorare alla memoria questi ricordi. Anche se lì per lì non ti vengono in mente, non desistere. Datti tempo e spazio per ascoltarti. Pro tip: metti per iscritto queste riflessioni.
A volte è necessario fare qualche passo indietro per prendere la rincorsa. Perché non possiamo davvero andare da nessuna parte se prima non sappiamo dove ci troviamo.
Non possiamo integrare tutte le parti della nostra personalità, se non facciamo pace e non ci riconciliamo con quelle parti che abbiamo ignorato o trascurato per anni.
Fase 2: Esplorazione
Questa fase è quella che va dai 14 ai 24 anni (che io oggi estenderei ampiamente ai 30 e passa).
È il periodo in cui, per l’appunto, esploriamo cercando di capire noi stesse, di trovare il nostro posto nel mondo.
Che sia tramite la scuola, esperienze di lavoro, hobby… Tramite vari esperimenti cerchiamo di capire cosa ci piace e come tutte queste cose possono confluire in un lavoro e una potenziale carriera.
All’interno della fase 2 di esplorazione, ci sono tre sottocategorie (si, il gioco si fa serio :D)
2.1 Educazione e formazione
Banalmente, si tratta del periodo scolastico e accademico, oppure di corsi di professionalizzazione e formazione.
A seconda del lavoro che si intende svolgere, questa fase può durare qualche mese o un’intera decade e oltre (pensa alla formazione di un medico, fra laurea e specializzazione).
Durante questa fase ci sono molti momenti di scelta, mentre si cerca di chiarirsi le idee su quale lavoro si finirà con lo svolgere. Il decision making di questo periodo non è certo irreversibile, ma segna una fase embrionale della nostra futura identità piuttosto importante.
Pensa ad esempio:
- Alla scelta di quale liceo frequentare dopo le medie. Magari a ripensarci adesso sorridiamo e banalizziamo quel momento, ma è un primo bivio significativo, perché ci insegna l’importanza dei bivi e del prendere delle decisioni per noi stesse.
- Oppure quando, dopo la maturità, dobbiamo scegliere se andare a lavorare o all’università (e se sì quale). O magari una via di mezzo. In cui ci prendiamo il famoso gap year e rimandiamo la decisione dopo aver viaggiato in giro per l’Europa.
2.2 Ingresso nel mondo del lavoro
È un momento di forte aggiustamento, quasi di shock per alcune di noi. Ci si scontra per la prima volta con la realtà del mondo del lavoro e iniziamo a scoprire noi stesse all’interno di quel contesto.
E c’è da dire che l’università, il sistema scolastico in generale, ci prepara ben poco agli aspetti meno razionali e più politici del mondo del lavoro. O all’importanza delle soft skills, del saper lavorare con altre persone, le loro personalità, storie ed emozioni… il tutto mentre cerchiamo di imparare nuove competenze e svolgere il nostro lavoro.
Nella fase 2.2, inizia un processo di conoscenza profondo di noi stesse e inizia anche a formarsi l’idea del nostro sé professionale. Molto spesso facciamo diversi prove, esperimenti e tentativi prima di arrivare ad una “conclusione”, che poi conclusione non è mai.
Diciamo che we learn by doing (impariamo facendo) e iniziamo a formare una preferenza iniziale, e spesso provvisoria, del tipo di carriera che ci interessa.
2.3 Apprendistato e socializzazione
Apprendistato inteso non come forma contrattuale, ma come momento di training e formazione più professionalizzante.
Dopo che ci siamo fatte un’idea del tipo di ruolo, contesto, professione e percorso che ci interessano, è tempo di formarci davvero per lavorare in quel campo.
La lunghezza e l’intensità di questo periodo variano in base al ruolo, l’azienda e la complessità di quello di cui ti occupi. Ovviamente più il ruolo è rilevante e di responsabilità, più sarà lungo e intenso questo periodo.
È, di nuovo, un momento di grande crescita, apprendimento e confronto con noi stesse, perché siamo messe di fronte a nuove sfide e richieste. E dobbiamo scegliere come rispondere e, in alcuni casi, se vogliamo rispondere. Se il gioco vale la candela o se preferiamo lasciare il lavoro in quel dato ruolo e contesto.
Spetta a noi, in base a questi elementi, scegliere se la strada che abbiamo intrapreso fa per noi oppure no. Cosa che però non sempre facciamo.
>> Riflessioni e domande sulla fase di esplorazione
La prima domanda è: ma tu hai DAVVERO sperimentato?! Prova ad immaginare questa scena, una metafora che ho letto qualche anno fa su un blog.
Ci sono dieci treni che partono dalla stessa stazione.
Quando saliamo sul treno che abbiamo scelto, ci sembrano più o meno tutti uguali. E anche i binari per buona parte continuano a correre l’uno vicino all’altro per un certo tratto. Non ci sono differenze o divergenze degne di nota.
Man mano che ci allontaniamo dalla stazione però, i diversi binari iniziano a separarsi nettamente, e più trascorre il tempo, più capiamo che la scelta fatta ci sta portando verso una destinazione completamente diversa da quella degli altri treni.
Spesso, il binario su cui ci troviamo ci porta verso stazioni che non desideriamo. Però continuiamo a viaggiare su quel treno dicendoci cose tipo:
- “Beh, ma ormai ho iniziato il viaggio…”
- “Cosa penseranno di me le altre persone vedendomi scendere prima di essere arrivata a destinazione?”
- “Ma magari non è così male, col tempo imparerò ad apprezzarlo”
Quello che è successo in molti casi è che non ci siamo date tempo di sperimentare all’inizio della nostra carriera e siamo saltate sul primo treno senza più trovare il coraggio di scendere.
Per inerzia, per abitudine, per familiarità o per paura.
È come aver sposato il fidanzato del liceo a 19 anni, senza completare il percorso di crescita e conoscenza personale. Senza guardarci intorno per altre alternative.
Inizi uno stage, finisci in un certo settore, in una certa azienda. E lì a volte rimani anche se non è in realtà il posto per te, senza mai trovare il coraggio di lasciare il lavoro che hai e che non ti piace.
Alcune domande su cui riflettere:
- Sei contenta del treno in cui ti trovi ora?
- Se la risposta è sì, puoi passare direttamente alla Fase 3.
- Se la risposta è no, magari è il caso di ripartire dal via. E la fase 4 di cui parleremo nel prossimo articolo sarà particolarmente importante per te. Cos’è esattamente che non ti piace della destinazione che hai raggiunto?
- Pensa a quei momenti, presenti o passati, in cui la tua vocina interiore e il tuo intuito ti dicevano: “Mmm, non credo che questo sia il posto giusto per te” eppure hai scelto di ignorarli. Quali erano le cose che non ti piacevano, stonavano e stridevano? O anche quelle che ti mancavano e mancano tutt’ora?
Non ti sto invitando a pensarci per crogiolarti in una di valle del rimpianto. Le scelte che hai preso in passato erano pur sempre le scelte che hai ritenuto migliori per te all’epoca con gli strumenti, la conoscenza e la maturità che avevi all’epoca.
Ma se non sei felice dove ti trovi ora, ricorda che nella vita e nel lavoro si può sempre sempre ricominciare e ripartire dal via.
Fase 3: Establishment
Nel modello originario questa fase va dai 25 ai 44 anni, per me lo si può anche far iniziare dai 30 0 35.
È il periodo in cui, avendo acquisito una discreta posizione e un ruolo nel campo o nella professione che ci siamo scelte, iniziamo a cercare opportunità per solidificare quella posizione e avanzare ulteriormente. Il cosiddetto “fare carriera“.
Anche la fase 3 ha due fasi.
3.1 Entrata nel club
Ci sono dei momenti formali, o piccoli segni informali, che ti dimostrano di aver superato la fase da apprendista. Non sei più la risorsa junior, l’ultima arrivata. Pian piano vieni invitata a certi meeting, ti vengono affidati incarichi di un certo tipo, ti viene chiesto di incontrare certi clienti, e via dicendo.
Oppure, se lavori come libera professionista, il tuo nome inizia a girare nel passaparola fra clienti o chi lavora nel tuo ambito. Fai effettivamente “parte del giro“.
A questo punto inizi a capire le regole del gioco e come giocarlo. Inizi anche a crearti una tua immagine all’interno della categoria o azienda in cui lavori.
I tuoi valori e driver emergono e diventano sempre più chiari in risposta agli stimoli che ricevi, le scelte che prendi. Di volta in volta sei infatti messa di fronte a dei bivi. E scegliendo da che parte svoltare, cosa è giusto e cosa non è giusto per te, se lasciare il lavoro che stai facendo per uno che ti assomigli di più, ad ogni passo crei il tuo percorso.
Inizia anche ad esserti più chiaro quali sono i tuoi talenti, i tuoi punti di forza e quelli di debolezza.
3.2 Acquisizione di status e appartenenza ad un certo gruppo
Entro i primi cinque / dieci anni della nostra carriera, acquisiamo riconoscibilità. Il nostro brand professionale si rafforza, siamo considerate figure senior, il nostro contributo e la nostra professionalità vengono riconosciuti all’interno e/o all’esterno del contesto lavorativo in cui lavoriamo.
Diventiamo sempre di meno delle “commodity“, meno rimpiazzabili. Perché il nostro valore non sta più solo nel percorso accademico che abbiamo fatto o nella formazione che abbiamo ricevuto come centinaia di migliaia di altre persone.
Ma nel modo unico in cui combiniamo istruzione e formazione con la nostra esperienza, carattere, personalità e conoscenze; sia a livello di cosa conosciamo che di chi conosciamo. Il nostro network assume infatti sempre più importanza nell’evoluzione del nostro percorso professionale.
Come riconoscere di aver raggiunto questa fase?
- Momenti formali che ci conferiscono autorità (salti di carriera, promozioni, aumenti, titoli più altisonanti)
- Momenti informali come quelli visti prima che ci conferiscono autorevolezza
Diciamo che è quel momento in cui chi ci guarda da fuori potrebbe dire di noi che “siamo arrivate”. “Ce l’abbiamo fatta”.
Ma siamo arrivate dove? E ce l’abbiamo fatta a fare cosa?
- Qualcosa che ti appassiona e ti accende, o qualcosa che ti fa odiare il lunedì e in cui hai perso parti di te stessa?
- E se è successo proprio questo, cosa possiamo fare per rimediare e ritornare sulla retta via? La via davvero giusta per noi?
Passa al prossimo articolo per proseguire questo viaggio.
Arli.
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