Semplificare la vita è un regalo che possiamo farci ogni giorno nel presente per vivere la vita che sogniamo oggi e in futuro.
Credo che poche cose ci risveglino dal torpore della quotidianità e dei tanti “finti problemi” che a volte ci creiamo, quanto una minaccia alla nostra salute o a quella delle persone a cui teniamo.
Prima di raccontarti della mia notte in ospedale e delle (dis)avventure di queste ultime settimane, comincio col dirti che sto bene. Sebbene questo periodo mi abbia riservato… beh, un’interessante serie di avvenimenti!
Venerdì 14 ottobre, dopo qualche giorno in cui non mi sentivo molto in forma, ho iniziato ad avere qualche linea di febbre, un diffuso rash cutaneo e una forte tachicardia -apparentemente- inspiegabile; nel giro di qualche ora mi sono letteralmente ricoperta di macchie rosse su tutto il corpo.
Visto che la situazione sembrava solo peggiorare, alle 23 ho avuto un video-consulto con un medico, che mi ha consigliato con una certa decisione di andare immediatamente al pronto soccorso, perché i miei sintomi facevano pensare ad una forte reazione allergica e potevano portarmi ad un collasso improvviso.
“Collasso improvviso? Rash cutaneo? Tachicardia? Ma io stavo bene fino a 2 giorni fa, che è ‘sta roba?”.
Questa è stata più o meno la mia reazione 😀
Non ti annoierò con troppi dettagli. Fra dosi massicce di cortisone, antistaminici e un protocollo medico di semi-digiuno durato due settimane (cui seguirà una lunga serie di esclusioni per le prossime tre), finalmente sto rientrando in carreggiata.
Questa parentesi, però, per quanto debilitante sia stata a livello fisico, è stata quasi un “blessing in disguise” (espressione inglese per indicare una “benedizione sotto mentite spoglie”, l’equivalente del nostro “non tutto il male vien per nuocere”).
È stato uno stop forzato che mi ha gentilmente costretta invitata a rallentare fino quasi a fermarmi.
A rimettere in discussione alcuni aspetti, a pianificare come migliorarne altri o eliminare del tutto altri ancora. Un invito, più in generale, a semplificare la vita che sto vivendo e concentrarmi con ancora più focus e chiarezza su ciò che è davvero essenziale.
“Ho appreso a vivere semplice e saggia / a guardare il cielo, a pregare Iddio, / e a vagare a lungo innanzi sera, / per fiaccare un’inutile angoscia” – Anna Achmatova, Poeta russa (non amava l’appellativo di Poetessa)
Semplificare la vita: non c’è bisogno di renderla più complicata di quel che è
1. Fatti il regalo di una nuova prospettiva
Arrivata al pronto soccorso, ho notato subito l’ala di fianco a quella in cui mi trovavo riservata ai bambini. Mamme sole con in braccio i figli malati. Padri con occhiaie marcate, il volto scavato da un’espressione preoccupata. E poi persone che in quella sala per me così asettica e fredda, sembravano aver trovato l’unico giaciglio e fonte di calore per quella notte.
Quando poi sono stata ricoverata per i vari controlli e un’iniezione di liquidi per endovena (ero molto disidratata per via del rash cutaneo e della febbre), nelle stanze accanto a me sentivo altre persone in sofferenza.
…Una signora che gemeva ogni volta che si muoveva, e ogni volta chiedeva scusa all’infermiera per il disturbo che stava causando.
…Una ragazza che urlava contro medici e dottori chiedendo a gran voce che le fossero somministrati degli antidolorifici perché stava male.
In quel momento ho sentito una forte connessione con quelle persone. Ci dividevano le mura delle nostre stanze e non potevo vederle, ma mi sentivo comunque a loro vicina.
E benché non sapevo ancora cosa avessi, o cosa avesse causato quella apparente reazione allergica, ero comunque in ospedale monitorata e seguita da professionisti. Questo pensiero da solo mi ha reso molto consapevole della mia fortuna; perché a parte tutto in quel momento non stavo soffrendo, perché non avevo qualcosa di grave, perché pur essendo in una circostanza non proprio felice, le ragioni per cui essere grata erano molte di più di quelle per lamentarmi.
Cosa portarti a casa: Ultimamente si parla spesso di positività tossica, quell’atteggiamento forzato per cui si cerca in ogni modo di vivere e mostrare solo emozioni positive, soffocando quelle negative. Si tratta indubbiamente di una deriva pericolosa, d’altro canto però credo si parli poco di un suo rovescio, quello di un egocentrismo nocivo e pervasivo.
Quello per cui facciamo di noi stessi, delle nostre sventure e disavventure, l’ombelico del mondo, dimenticando invece che di quel mondo non siamo che un piccolo puntino. Un puntino importante, unico e speciale di cui prenderci cura, certo, ma pur sempre un puntino.
Questo pensiero mi ha fatto affrontare quelle ore, la debilitazione fisica durata oltre 10 giorni e tutti i controlli che sono seguiti, con una ritrovata serenità. Una serenità persino maggiore rispetto a quando “stavo bene” e magari prendevo un po’ troppo sul serio le piccole cose di ogni giorno.
NOTA: So che, fra chi mi legge, c’è chi ha a che fare con ospedali e medici per cose ben più gravi di un’orticaria acuta causata da allergie o ragioni ancora da identificare. Con questo racconto non voglio certo fare paragoni o offrire lezioni a chi vive momenti difficili legati alla propria salute, ma solo condividere la mia esperienza nella speranza che possa essere utile ad altri.
2. L’importanza dell’accettazione (che è diverso da rassegnazione)
Se c’è una soluzione perché ti preoccupi? Se non c’è una soluzione perché ti preoccupi? – Aristotele
Questa frase di Aristotele, soprattutto quando si attraversano momenti difficili, può suonarci come la più grande liberazione o come la più grande presa in giro.
È difficile, soprattutto quando ci sembra che gli eventi si accaniscano contro di noi, rimanere così zen. Eppure l’alternativa qual è?
Lamentarci, sbattere i piedi a terra, ripeterci fino alla nausea “Perché a me?”.
Questa è la frase che la ragazza nella stanza accanto alla mia ripeteva in continuazione. “Why me? Why did this happen to me?“.
Ogni volta che ci poniamo questa domanda, è come se di rovescio ci chiedessimo: “Perché a me e non alla persona di fianco a me? Perché a me e non al barista che mi ha servito il caffè? Perché a me non al presentatore che ho appena visto in tv?”
Se la domanda rimane legittima e comprensibile quando ci toccano tragedie ed eventi importanti, credo sia altrettanto importante non abituarci a entrare in questa visione vittimistica nelle cose di tutti i giorni.
Cosa portarti a casa: Non si tratta di accettare quello che ci accade con una visione passiva e fatalista, ma di riconoscere che ogni giorno ci sono centinaia di altre piccole fortune che capitano “proprio a noi”, di cui nemmeno ci accorgiamo.
- “Perché proprio a me questa multa?” …Beh, perché a te la possibilità di vivere in un paese in cui alle donne è concesso prendere la patente e guidare anche senza essere accompagnata da tuo padre, tuo marito o un uomo della tua famiglia?
- “Perché a me questo lavoro che non mi piace?” …Beh, perché a te l’opportunità di scegliere, di cambiare rotta e costruirti il percorso di carriera e di vita che desideri, pur nelle difficoltà e nelle sfide che la vita ci pone?
Quando accettiamo davvero la situazione che stiamo vivendo, quando scegliamo di immergerci in quel contesto senza più osteggiarlo, paradossalmente ci liberiamo dalle sue catene.
Nel mio caso accettare la situazione non ha significato guarire all’istante e poter tornare a casa come se nulla fosse. Ha significato viverla senza l’ulteriore costrizione e fatica di combattere qualcosa su cui in quel momento non avevo alcun tipo di controllo.
Accettarla significa riconoscere quel che è, e conservare le nostre energie per indirizzarle su quel che vorremmo che fosse, ma focalizzandoci solo sulle cose su cui abbiamo controllo.
Anche in una situazione in cui ci sentiamo limitate, questo rovesciamento di mentalità è ben lontano dalla rassegnazione. È al contrario quanto di più empowering possiamo fare in quel momento.
3. Metti il fieno in cascina
Ok, lo ammetto: questa è un’espressione che ho rubato al boyfriend 😀
Mettere fieno in cascina significa, come nella fiaba della cicala e della formica, riempire il nostro granaio durante l’estate, così da farci trovare pronte quando inevitabilmente arriverà l’inverno.
“Shit happens“, diceva Forrest Gump nell’omonimo film. A volte gli eventi negativi accadono e basta, e a volte è inutile martoriarci coi perché (“perché è successo? perché a me? perché proprio ora?”).
E se invece guardassimo a questi eventi semplicemente come parte naturale e integrante della ciclicità della vita? Ci sono momenti di up (le primavere e le estati) e momenti di down (gli autunni e gli inverni).
Cosa portati a casa: A noi, nel tentativo di semplificare la vita, di “apprendere a vivere semplici e sagge”, non resta che goderci le estati e farci trovare pronte per gli inverni.
- A livello economico: sei pronta ad attutire eventuali sorprese o spese impreviste? Hai costruito l’abitudine al risparmio? Hai chiara la tua situazione finanziaria?
- A livello lavorativo: Oltre che a lavorare per il tuo capo o i tuoi clienti, lavori anche per te? Vale a dire: ti concentri sulla tua crescita e apprendimento continuo, oltre che su quella dell’azienda che ti ha assunta? Lavori sul tuo personal brand e sul rendere attrattivo il tuo profilo, oltre che quello dei clienti che ti pagano? Il primo è un investimento a lungo termine che può ripagarti in maniera esponenziale. Il secondo un investimento a breve i cui risultati hanno necessariamente un tetto.
- A livello di salute: Ti prendi davvero cura di te? Dormi un numero sufficiente di ore (gli studi sul sonno ci dicono che il range ottimale è fra le 7 e le 9 ore)? Dedichi del tempo all’allenamento e a muovere il tuo corpo? Ti prendi del tempo per il relax, per far riposare la mente ed evitare anche solo di avvicinarti alla zona di burnout? Hai una tua “cassetta degli attrezzi del benessere”, attività o tecniche che ti ricaricano le pile? Ti idrati a sufficienza e ti nutri dei cibi che ti regalano salute ed energia?
- Piani di contingenza: hai un “piano B”, un paracadute di emergenza da aprire qualora si bloccassero certi meccanismi in aree critiche della tua vita? Una lezione che questa esperienza mi ha ricordato, per esempio, è quella di sottoscrivere quanto prima un’assicurazione medica privata, ora che non lavoro più come dipendente e non ho questo tipo di benefit.
Se cerchi ispirazione sul fronte salute e alimentazione, questi sono alcuni dei libri che ho letto nell’ultimo anno e mi sono piaciuti molto:
- “Sei quel che mangi: il cibo che salva la vita“, del Dottor Michael Greger (in inglese lo trovi col titolo “How not to die“)
- “Nutrire il cervello: tutti gli alimenti che ti rendono più intelligente“, della Dottoressa Lisa Mosconi (di cui ti consiglio anche “The XX Brain: The Groundbreaking Science Empowering Women to Prevent Dementia“, per ora disponibile solo in inglese)
- “La dieta della longevità” del Dottor Valter Longo
- Un libro di ricette che invece comprerò a Natale quando rientrerò in Italia è “Cucina Botanica: Vegetale, Facile, Veloce“. Il nuovo libro di Carlotta Perego, che è insegnante di cucina vegetale, YouTuber e già autrice del libro da oltre 100.000 copie vendute “Cucina Botanica“. Propone ricette e rivisitazioni di cucina vegana semplici e gustose. Io sono pescetariana dal 2008, quindi mi concedo qualche ingrediente in più rispetto a quelli delle sue ricette. L’ho scoperta da poco e oltre alle sue ricette mi piace molto il suo modo di fare gentile, elegante e solare.
4. Metti dei paletti lì dove serve
In questo spazio abbiamo parlato spesso dell’argomento boundaries, paletti. Che sia al lavoro o nella sfera privata, si tratta di un elemento essenziale per semplificare la vita e vivere le tue giornate con intenzionalità e focus.
Quando di energie ne hai poche perché il tuo corpo è in riserva, riconoscere chi o cosa aggiunge oppure toglie energie alla nostra vita diventa di colpo immediatamente chiaro.
La nostra mente, non distratta dal rumore di fondo e focalizzata al 100% sulla guarigione, ci indica chiaramente di cosa abbiamo bisogno e di cosa no. Tende in modo naturale ad una sorta di “minimalismo esistenziale“, ad un punto di fuga che ci porta a ciò che è essenziale, che ci fa bene e ci cura.
E lo fa per ogni ambito che conta: il cibo di cui ci nutriamo, il movimento o il riposo di cui abbiamo bisogno, le relazioni o le attività che compiamo in modo automatico.
Nel mio caso ho ridotto al minimo i contatti anche con persone importanti nella mia vita, perché in quel momento sentivo di dover proteggere le poche energie che avevo. La grazia e disponibilità con cui quelle persone hanno accettato e compreso questo mio bisogno è stato un regalo in quel momento.
Attenzione al rovescio di questa medaglia: non innalzare paletti e muri così alti per cui nessuno più è in grado di valicarli e raggiungerti. Come esseri umani abbiamo un naturale bisogno di relazioni e contatti. Quando serve, affidati alle persone di cui hai bisogno, che sia per un supporto di tipo fisico/materiale o anche “solo” (si fa per dire…) mentale e psicologico.
Cosa portarti a casa: In questi momenti, o in qualsiasi stagione in cui senti di voler semplificare la tua vita, fai proattivamente un esercizio in cui ti ascolti di più. Se possibile usa anche la scrittura e il journaling per tenere traccia delle tue sensazioni, impressioni ed emozioni.
- Dopo avere mangiato certi cibi come ti senti?
- Al mattino come ti svegli, già stanca e fiacca, oppure energica e grata di iniziare una nuova giornata?
- Dopo essere stata al telefono o in compagnia di una certa persona come sono i tuoi livelli di energia? Stare con quella persona (o con le persone in generale) ti ricarica o ti scarica, lasciandoti poi il bisogno di prenderti degli spazi e del tempo per te?
A parlando di ascolto, veniamo all’ultimo punto…
5. Fidati del tuo intuito (e rompi le scatole se necessario)
Come donne, già da giovanissime ci vengono inviati segnali e inviti ad essere brave bambine. Carine, pacate, educate.
A chiedere il permesso. A non parlare senza prima alzare la mano. E se proprio parlare è necessario, a farlo, ok, ma senza mai alzare la voce (non sia mai, non sta bene!).
Fra queste influenze sociali e culturali, e il fatto che il nostro cervello tende naturalmente a ricercare ciò che che è sicuro (anche se non del tutto vero) rispetto a ciò che è incerto e instabile (anche se più corretto ed esatto), seguire il nostro intuito non ci viene reso proprio semplice. O ancor prima riuscire ancora a sentire la sua voce.
Quando utilizziamo l’intuito, il nostro cervello utilizza informazioni, insights e lezioni da nostre esperienze passate per attribuire un significato a qualcosa che ci è appena successo o abbiamo osservato. E lo fa in maniera velocissima e inconscia.
Quel significato che fabbrichiamo nella nostra mente, il risultato del nostro intuito, può portarci a creare un’opinione e giudizio della situazione (in maniera appunto istintiva e sicura), oppure farci realizzare che non ne sappiamo ancora abbastanza per esprimere un giudizio e abbiamo bisogno di ulteriori informazioni.
Cosa portarti a casa: Più alleniamo questa capacità, più diventa familiare e automatica. Ci regala la sicurezza in noi stesse di saper e di poter prendere buone decisioni affidandoci al nostro intuito.
Affidarci: ovvero darci in affido, in custodia.
Avere fede e coraggio nella nostra abilità di prendere decisioni, di accettare il dubbio (vedi il punto 2 sull’accettazione) e decidere comunque di andare avanti con le nostre scelte. Perché siamo disposte a prenderci il rischio che il nostro intuito possa andare nella direzione sbagliata, ma anche che possa invece condurci nella direzione giusta.
Ci fidiamo della nostra capacità di prendere (buone) decisioni perché ci fidiamo di noi stesse. E a noi stesse ci affidiamo.
Se non seguiamo il nostro intuito, rischiamo di farci mettere a tacere dall’autorità (un medico che fa una diagnosi in maniera affrettata senza ascoltarti o farti domande; un capo che continua a rifilare scuse e lungaggini sul perché non possono promuoverti). A non investigare, a minimizzare, a giustificarci per quello che sentiamo, proviamo e pensiamo. A non farci sentire se qualcosa non ci torna. O a non “lottare” per noi stesse, la nostra salute o -nel contesto lavorativo- per vederci riconosciuto il nostro valore.
Come società siamo abituati a vivere molto nella nostra testa e immersi nei nostri pensieri. C’è però un limite al positive self-talk, alle affermazioni positive che possiamo fare se prima non siamo centrate e ancorate nel nostro stesso corpo.
Tornare a fidarci di più della saggezza del nostro corpo, ad affidarci di più all’intelligenza del nostro intuito. Rompere le scatole, con gentilezza ma fermezza, se né l’uno né nell’altro vengono presi in considerazione e vengono anzi limitati e silenziati. Ecco da dove dovremmo partire.
– Come si impara a prendere a buone decisioni?
– Imparando a prendere delle decisioni
– E come si impara a prendere decisioni?
– Prendendo cattive decisioni
Bonus: Sii grata, sempre
Questa carinissima orticaria acuta che mi ha fatto assomigliare alla Pimpa per circa 3 settimane, mi ha fatto apprezzare ancor di più la mia pelle ora che è libera da macchiette rosse sparse qua e là.
La pelle, questo organo che ci mette in contatto col mondo, con le cose del mondo e le persone che lo abitano.
Questo organo con cui ce la prendiamo, se osa non conservare l’elasticità e tonicità nonostante gli anni che passano. O un aspetto assolutamente liscio e senza inestetismi (come solo Photoshop può fare).
Per cui spendiamo centinaia di euro; e non per curarci della sua salute, ma del suo aspetto, affinché risponda a canoni esterni determinati dalle grandi aziende del beauty.
Lo facciamo con la pelle, coi capelli, col nostro stesso corpo.
E se invece ci impegnassimo di più ad apprezzare ciò che abbiamo già per come è? Io faccio della gratitudine una pratica quotidiana sia quando mi sveglio e mi alzo dal letto che quando scrivo nel mio diario a fine giornata. E non mi sono mai sentita più grata di così.
Ti auguro una splendida, sana e “in salute” settimana 🙂
Arli.
Sabrina Ciccarelli dice
Ciao Arli .
Meravigliose riflessioni e consigli utilissimi i tuoi, soprattutto quello sui paletti (che non è mai di troppo rispolverarlo e ricordarsi di applicarlo).
Sto vivendo una situazione analoga a quella che stai attraversando tu, anche se di riflesso, e a volte l’impotenza di fronte alla sofferenza di due delle persone che più amo al mondo letteralmente mi atterra.
Poi respiro e lascio che la meraviglia e la gratitudine prevalgano sui sentimenti bui e anche la speranza che, sebbene sia una lunga strada da percorrere, alla fine capiremo le cause e ne verremo fuori!
Il mio intuito dice che se c’è una cura la troveremo e se non c’è … magari la inventeranno in questi mesi 😉
Sono felice che le cose per te vadano meglio e ti ringrazio per le interessanti letture che proponi … è da tempo che vorrei dare un indirizzo diverso alla mia cucina e credo e mi metterò in gioco da oggi.
Ti mando un abbraccio super da Roma e tanta energia bella!
Arli dice
Grazie Sabrina.
Mi dispiace davvero tanto sentire dei problemi di salute delle persone a te vicine: ogni storia è vicina, ma posso in parte immaginare come ti senti. Spero che quella cura la troverete.
Per quanto riguarda paletti e cucina più sana, sono tutte piccole e grandi cose che, messe insieme, hanno davvero il potere di innalzare significativamente la nostra qualità di vita. Quindi vale decisamente la pena investirci tempo 🙂 Anche io cercherò di impegnarmi di più in cucina, del resto siamo davvero quello che mangiamo.
Grazie ancora e a presto,
Arli.
sabrina dice
<3