Una comunicazione assertiva passa non solo attraverso le parole che usiamo, ma anche attraverso quelle che scegliamo di non utilizzare. Se vuoi trasmettere più carisma e sicurezza, ce ne sono alcune che devi dosare con cautela.
Bologna, triennale di Economia. Non importava quale corso stessimo seguendo, se fossimo matricole al primo anno o laureande al termine dei 3 anni. C’era sempre una costante durante le lezioni ed era l’incipit delle domande che faceva una delle mie colleghe di corso ai professori:
Scusi, magari è una domanda stupida, però mi chiedevo…
La persona che le faceva? Una ragazza molto sveglia, intelligente e piuttosto sicura di sé. Eppure con assoluta puntualità, durante tutti e 3 gli anni, la formula iniziale delle sue domande è sempre stata questa: “Scusi, magari è una domanda stupida…”.
All’epoca, lo ammetto, questi episodi mi facevano ogni volta roteare gli occhi al cielo. Non capivo proprio da cosa nascesse questo atteggiamento, che mi sembrava quasi nascondere una finta modestia. Sì perché le sue domande erano tutt’altro che stupide, eppure non la facevano certo partire col piede giusto agli occhi dei professori.
Mi ci è voluto qualche anno per capire il perché, ma oggi ho finalmente la risposta. Risposta che può essere molto utile anche a te se vuoi sviluppare una comunicazione assertiva.
Comunicazione assertiva: dote innata o talento da curare?
Immagina questa scena. Una tavolata di amici, o una riunione di lavoro, scegli tu.
Da un lato c’è una persona -chiamiamolo Francesco- che appena prende la parola riesce a sovrastare tutti con il suo eloquio. È brillante, sa dosare il tono e le pause, usa le parole giuste al momento giusto. Sa decisamente come tenere banco e in cambio riceve la silenziosa e ammirata attenzione di tutti.
Dall’altro lato una persona -chiamiamola Monica- che prova ad intervenire più volte, ma ogni volta con scarso successo. Non è certo meno brillante di Francesco, eppure lì in mezzo brilla meno. Il suo approccio non è sufficientemente convincente e come risultato c’è sempre qualcuno che la interrompe o le parla sopra.
A tutti, nella vita, è capitato a volte di essere Francesco e a volte di essere Monica.
E se è vero che la nostra indole e temperamento possono contribuire a farci propendere per una o l’altra delle due situazioni, è altrettanto vero che una comunicazione assertiva è una capacità che possiamo allenare.
Come? Innanzitutto smettendola di auto-boicottarci con frasi o espressioni che ci fanno perdere di incisività e carisma.
Gli errori di comunicazione più frequenti
Pur non essendo certo un’esperta in materia, nell’articolo di oggi volevo giusto darti qualche consiglio (che magari può esserti utile) sugli errori che indeboliscono la nostra comunicazione. Perché secondo me è un tema abbastanza importante 🙂
Zzz.
Cosa trasmette il paragrafo qui sopra? Incertezza. Insicurezza. Dubbio.
La causa? Parole ed espressioni come:
- “provo a…”
- “non sono certo un’esperta”
- “volevo solo“
- “magari può esserti utile”
- “secondo me“
- “scusa…”
- smile messi a caso 🙂 perché non sia mai che qualcuno possa pensare 🙂 che tu non sia una persona sempre gentile e disponibile con tutti 🙂
Pensaci: quante volte anche tu utilizzi queste stesse espressioni quando parli con qualcuno o scrivi un’email?
Presi singolarmente possono apparire come dettagli piuttosto insignificanti. Eppure ognuna di queste parole, come una goccia, scava un solco nell’immagine che trasmetti di se stessa e nella forza delle tue opinioni. E il loro effetto cumulativo, nel tempo, finisce con l’appannare il tuo carisma e la luce con cui ti presenti al mondo.
Talmente tanto, che c’è addirittura chi ha creato un plug-in per Google Chrome (purtroppo disponibile solamente in inglese) chiamato “Just not Sorry“. La funzione di questo plug-in è quella di evidenziare, ogni volta, quelle parole che utilizzi nelle email che rischiano di indebolire il tuo messaggio. Un esempio?
“Ciao Sara,
scusa l’email, volevo giusto chiederti se potresti per favore inviarmi il report che aspettavo ieri.
Grazie mille 🙂”
L’idea non è certo quella di evitare sempre e in ogni situazione certi termini, smile o espressioni, quanto piuttosto quella di prenderne consapevolezza e decidere coscientemente se, quando e quanto vogliamo usarle.
Per farlo, però, è importante andare alla radice della questione e capire perché, a volte, tendiamo ad avere una comunicazione un po’ troppo accomodante.
Perché lo facciamo?
Le ricerche sull’argomento mostrano che, in media, le donne sono molto più inclini ad utilizzare queste formule rispetto agli uomini. E che l’impatto negativo in termini di credibilità, autorevolezza e professionalità percepita, è maggiore per le donne che per gli uomini stessi.
Ma da cosa nasce questa tendenza?
In parte da un retaggio culturale duro a morire, che vede la donna come un essere tenuto a rispondere alle situazioni in maniera aggraziata e femminile. Modello che finiamo con l’emulare e perpetrare, spesso senza nemmeno rendercene conto.
In parte perché, se una donna si dimostra decisa e risoluta, agli occhi della società è spesso vista come troppo decisa e troppo risoluta. Per non dire “acida”, “str**za” o altri simpatici epiteti.
La risposta a questa pressione sociale da parte delle donne si divide grosso modo in due maniere:
- Una minoranza che si difende attaccando, ovvero adottando un atteggiamento ancora più duro e sicuro di sé (almeno all’apparenza).
- Una maggioranza che, per stare alle regole tacite di questo gioco, sceglie di usare dei “cuscinetti sociali”, di giocare al ribasso, di ammorbidirsi, di parlare a bassa voce (letteralmente e non), di prendersi quanto meno spazio possibile, di alzare la mano, ma non senza prima chiedere scusa. Tremendo, non trovi?
Scusi, forse è una domanda stupida…
Smettila di chiedere scusa!
Chiedere scusa per aver posto una domanda non ti farà sembrare più gentile, carina e accomodante.
Insinuare nella mente del tuo interlocutore che sei poco convinta delle tue domande o delle tue opinioni non ti farà sembrare più umile o alla mano.
Questi atteggiamenti ti faranno solo apparire più passiva e insicura. E la risposta che riceverai dagli altri non sarà di maggior rispetto, ma di minore stima e considerazione. Soprattutto se questo atteggiamento è cronico e protratto nel tempo.
La prossima volta che ti ritroverai ad utilizzare certe formule, quindi, fermati un attimo a riflettere e chiediti:
- Lo sto facendo perché in questa situazione specifica voglio comunicare in maniera più calda e accogliente?
- Oppure perché sento che così facendo verrò accettata più facilmente “da quelli più grandi di me”?
Prenderne consapevolezza ti aiuterà ad avere una comunicazione assertiva e più proattiva, più sicura di te, dello spazio che occupi e del ruolo che ricopri.
Nessuno sta dicendo che devi smettere di essere gentile, anzi.
Ma la tua gentilezza deve nascere dalla tua forza, non dalle tue paure.
Non da un luogo inospitale popolato di incertezze e ombre, bensì da uno spazio luminoso dentro di te, che faccia brillare te stessa e anche gli altri.
E sai una cosa? In fondo è proprio questa la vera essenza di un leader. Anche di una leader.
* * *
“La nostra paura più profonda
non è di essere inadeguati.
La nostra paura più profonda,
è di essere potenti oltre ogni limite.
E’ la nostra luce, non la nostra ombra,
a spaventarci di più.
Ci domandiamo: ” Chi sono io per essere brillante, pieno di talento, favoloso? “
In realtà chi sei tu per non esserlo?
[…] Il nostro giocare in piccolo,
non serve al mondo.
Non c’è nulla di illuminato
nello sminuire se stessi cosicché gli altri
non si sentano insicuri intorno a noi.
Siamo tutti nati per risplendere”
Marianne Williamson
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