Un capo cattivo o incompetente può significativamente rallentare il tuo percorso di carriera. E costarti caro in termini di tempo, denaro e a volte anche autostima. Scopri come evitarlo.
Dicono che quando incontri quello giusto lo senti. Che non è possibile spiegarlo a parole; è semplicemente qualcosa che avverti.
Dicono che con lui le giornate volano. Che ogni cosa è più semplice, senza logoranti drammi o tragedie. Che grazie a lui senti finalmente di poter crescere, di poterti confrontare ed esprimere le tue idee più audaci. Perché sai che lui è lì e ti ascolterà.
Sì.
L’incontro con il capo giusto può davvero fare un’enorme differenza nel tuo percorso di carriera…
(di chi credevi parlassimo?)
Il “bravo capo”: creatura mitologica, leggenda metropolitana o realtà?
Ora. Più mainstream che lamentarsi del “capo cattivo o incompetente” c’è solo lamentarsi del governo ladro, del caro benzina o del fatto che non esistano più le mezze stagioni (“eeeh, ai miei tempi… si stava meglio quando si stava peggio“).
È un po’ come nel caso di un tamponamento: la colpa, guarda un po’, è sempre dell’altro.
Personalmente non ho esperienze terrificanti da raccontare.
Ma hai notato come a volte sembra quasi che basti questo a farci dire soddisfatte? Se il tuo capo non assomiglia a Miranda Priestly ne “Il Diavolo veste Prada“, o se non sale sul podio de “Il peggior capo del 2017”, questo non impedisce che la tua esperienza lavorativa con lui possa essere comunque poco costruttiva.
E talvolta ho l’impressione che stiamo pericolosamente abbassando le aspettative su quello che un lavoro dovrebbe darci. Un qualcosa che dovrebbe andare al di là della busta paga a fine mese.
Quando si sceglie un lavoro non si sceglie solo un’azienda, un ruolo o uno stipendio. Si dovrebbe anche saper scegliere il proprio superiore. Ne avevo parlato nel primo punto di questo articolo su come gestire la relazione con il tuo capo (di cui ti consiglio caldamente la lettura).
I costi dell’avere un pessimo capo
C’è una lezione tacita che ti insegna qualunque capo. Sia quello bravo che quello pessimo.
I risultati di questa lezione possono variare notevolmente a seconda di chi “ti capita”, certo, ma la conclusione è sempre la stessa: la persona che “ti ritrovi” ad avere come tuo superiore, conta per il tuo percorso di carriera tanto quanto i tuoi anni di studio, le tue esperienze e competenze.
Forse anche di più.
Sai quanto ti costa un’esperienza di lavoro con un capo cattivo o incompetente?
- Tempo: quello che impieghi in un impiego in cui il tuo lavoro e i tuoi talenti non vengono riconosciuti né tanto meno valorizzati
- Denaro: quello che perdi a causa di un superiore che non ti lascia spazio per imparare e crearti nuove competenze spendibili sul mercato. Ma anche quello che rimane sul tavolo perché promozioni e aumenti vanno sempre a qualcun altro.
- Opportunità: di continuare ad imparare, migliorare e crescere, sia professionalmente che personalmente (un lusso che quasi nessuno può permettersi in un mercato del lavoro così veloce e competitivo)
- Autostima: non voglio nemmeno contemplare il caso di un capo che ti tratti palesemente male, umiliando o mortificando la tua persona e/o il tuo lavoro. Ma ancora una volta, non c’è bisogno di arrivare a tanto. Se sei bloccata in un lavoro in cui l’unica crescita è quella dei tuoi livelli di frustrazione, di certo la stima che hai di te stessa come professionista non aumenterà. E questo sicuramente non ti darà la fiducia necessaria per cercare nuove opportunità, in cui far fruttare il tuo tempo e massimizzare i ritorni. Insomma, un brutto circolo vizioso!
Ci sono diversi studi che dimostrano, dati alla mano, quanto un pessimo capo può avere ripercussioni negative sulla produttività dei dipendenti, sul turnover degli impiegati (altri costi nascosti) e in definitiva sui risultati economici dell’azienda.
E se è vero per l’intera azienda, figuriamoci per le singole persone. Che ti piaccia o meno, il tuo capo può avere un impatto determinante sul tuo attuale lavoro e di conseguenza anche sul tuo intero percorso lavorativo:
- Può insegnarti molto, darti autonomia e flessibilità, valorizzarti e metterti in luce con chi è più in alto, facendoti da mentore e sponsor per aiutarti a progredire nella tua carriera. Oppure…
- Oppure può rendere le tue giornate in ufficio in incubo. Farti pressioni e critiche continue, riversare su di te le sue ansie, carenze e incompetenze. Può rallentare significativamente la tua carriera dandoti poco spazio per crescere e fare i tuoi errori. Non dandoti mai i crediti del tuo lavoro. Non esponendosi mai per te quando è il momento di farlo. Ovvero quando, con chi è sopra di lui/lei, si parla di promozioni, aumenti o di chi tenere a bordo quando i tempi si fanno difficili.
La differenza fra un ottimo-bravo capo ed uno pessimo-mediocre è piuttosto facile da riconoscere. E se ti trovi ad avere a che fare con il secondo tipo, prendere certe decisioni è più facile.
Esiste però una zona grigia più ambigua e difficile da identificare, ma altrettanto pericolosa. Come fare a riconoscerla? Ti faccio qualche esempio qui sotto.
Capo cattivo o incompetente: come riconoscerlo
- Non ti offre feedback o critiche costruttive. Finché fai il tuo lavoro e liberi lui/lei del suo, tutto va bene; ma non si prende mai il tempo o il disturbo di darti spunti utili a migliorare quello che fai tu. Che fare? Sii proattiva e sii tu a chiedere feedback. È molto più importante di quel che pensi.
- Al contrario: non si complimenta mai per un buon lavoro che hai portato a termine. Né con te in privato, né tanto meno di fronte ad altri (colleghi o sui superiori che sia). Sapersi auto-valutare e motivare è una dote molto importante, ma è anche utile ricevere indicazioni dall’alto e sì, ogni tanto anche una qualche gratificazione. Che fare? Ancora una volta, chiarisciti le idee su quello che vorresti e poi inizia un dialogo.
- Fa evidenti favoritismi in ufficio, non necessariamente basati sul merito. Campanello d’allarme a cui prestare attenzione, perché potrebbe renderti “vittima” di ingiustizie che puoi anticipare. Che fare? Parlane direttamente con il tuo capo. Fallo in maniera neutrale e obiettiva, senza trasferire la conversazione su un piano personale, ma riportando l’attenzione sui risultati e sugli obiettivi del team (non su quelli di Giovanni che vuole fare carriera in tempi lampo).
- Non ha un’idea chiara del carico di lavoro che hai e delle cose che fai durante il giorno. Finché porti risultati, la cosa non è un problema che lo riguarda. Che fare? Fare bene il tuo lavoro non basta, devi dedicarti un po’ di più all’auto-promozione. Che non significa star lì a vantarti delle cose che fai, ma rendere visibile il lavoro che svolgi e i risultati che porti al tuo team e all’azienda. Il più delle volte non è il più bravo ad andare avanti, ma quello che sa rendersi più visibile.
- Pretende tanto, ti dà scadenze impossibili, considera gli straordinari una cosa ordinaria e non riconosce la tua dedizione e il tuo impegno. Che fare? Inizia a mettere dei paletti e a far discretamente presente quando fai qualcosa che rappresenta un di più e che come tale andrebbe considerato. Non farti dare per scontata, o finirai col farlo anche tu con te stessa.
- Non sa gestire la relazione con il suo stesso capo. Risultato? Tanto lavoro da fare, che si riversa su di te e i tuoi colleghi. Se il tuo capo non sa ottenere visibilità e rispetto dai propri superiori, pensa quanta di riflesso ne arriverà a te.
- Promette ma non mantiene. La tua crescita e i tuoi obiettivi non rientrano affatto nel suo radar. Ti ricordi l’email in cui chiedevi di poter discutere della possibilità di un part-time? Completamente dimenticata e ignorata. E l’aumento di cui avevate parlato 6 mesi fa e per cui all’epoca si era mostrato così positivo? “Eh guarda, è un momento difficile. Abbi un po’ di pazienza, ne riparliamo fra qualche mese, sicuramente le cose si saranno sistemate. Va bene?“. Che fare? Continua a leggere l’articolo, va… 😉
Le casistiche possono essere davvero svariate e queste sono solo alcuni esempi. Ma spero ti facciano accendere una lampadina e analizzare con obiettività la situazione in cui ti trovi.
Prendi consapevolezza della tua situazione
Ci sono cose a cui noi donne col tempo ci rassegniamo.
Si inizia con la storia del “principe azzurro”, la cui figura sbiadisce lentamente quando smettiamo di guardare i cartoni Disney e iniziamo a guardarci intorno i primi anni di liceo.
Muore poi il mito del parrucchiere che ti ascolta e asseconda i tuoi desideri. Nella realtà ne incontri solo di quelli a cui dici “solo una spuntatina, grazie” e alla fine ti guardi allo specchio e ti chiedi se non faccia parte del racket delle extension per capelli. Nel dubbio abbozzi un sorriso e dici “bel taglio, grazie”.
Poi torni a casa e piangi. E realizzi che il vero dramma oggi non è trovare l’uomo giusto, ma un parrucchiere quanto meno passabile.
Vale lo stesso per quanto riguarda il lavoro. Magari non ti trovi molto bene con il tuo capo, ma pensi che almeno tu hai la fortuna di avercelo, un impiego (del resto è quello che ti ripetono tutti). Che in fondo finite le otto ore di lavoro poi non avrai più a che farci. Oppure (il pericolo più grande) che forse in fondo il tuo capo ha ragione, magari il livello a cui ti trovi è proprio quello che ti meriti. Quando il contesto in cui lavori inizia a minare la tua autostima, è un chiaro segnale del fatto che l’aria ha raggiunto livelli tossici.
Forse ora non sei nella posizione di cambiare né lavoro né superiore. Se però la situazione che stai vivendo è meno che ideale, non tirarti indietro e inizia a valutare il tutto obiettivamente. Considerando tutti i problemi, le opzioni e soluzioni.
Intendiamoci: da parte tua devi accertarti di aver fatto del tuo meglio, impegnandoti e dandoti da fare (non solo per il tuo capo, ma per te). Ma non essere solo la brava ragazza che fa i compiti e attende fiduciosa che qualcuno riconosca i suoi meriti e le dia quel che merita (non accadrà). Tieni gli occhi aperti su quelle che sono le dinamiche in ufficio e la relazione con il tuo superiore.
E soprattutto non accontentarti.
Come anche nei rapporti sentimentali, spesso ci accorgiamo di quante cose non andassero in una precedente relazione solo quando ne iniziamo una nuova. Una che sia più matura, più solida, più costruttiva.
In questo senso ogni esperienza è certamente importante. Ma perché continuare a perdere tempo in una relazione sbagliata, che ci mortifica e tiene il nostro potenziale e i nostri talenti in gabbia?
Il mare è pieno di pesci. E il mondo (anche quello del lavoro) pieno di opportunità. Vai e raccogli quelle più adatte a te. Quando incontrerai quello giusto, ti stupirai di aver passato così tanto tempo con quello sbagliato.
Ah e mi raccomando, che la metafora rimanga tale! Come diceva sempre un mio professore universitario:
in campo professionale la monogamia non è mai una buona idea”.
Ma di questo magari parleremo un’altra volta 😉
Buona settimana!
Arli.
P.s. Vuoi un’indicazione del tipo di atteggiamento e consigli che condivide un bravo capo? Nel prossimo articolo pubblicherò i 10 consigli lavorativi della mia manager in Google (in cui lei lavora da 8 anni). Con un MBA a Stanford, 5 lingue conosciute, esperienze di lavoro in 7 paesi diversi… credimi, ha sicuramente 2 o 3 cosette da insegnare.
Clicca sul form rosso qua sotto e iscriviti alla newsletter, per non perderti l’articolo!
Lascia un commento