Saper chiedere e dare feedback può amplificare incredibilmente il tuo percorso di crescita e apprendimento. Ecco da da dove partire.
L’impatto del chiedere -o meno- un feedback sul proprio lavoro io l’ho visto più e più volte (in positivo e negativo). Come dipendente e poi manager. Nel mio lavoro nel marketing o nel lancio di nuovi prodotti. Nelle relazioni e nella vita privata…
È uno dei consigli che ci diede anche il Vice Presidente di Google durante un incontro con alcuni dipendenti in cui parlò del suo percorso di carriera.
Fammi cominciare col dire che i primi anni di carriera io non lo chiedevo mai. Per paura, timore di risultare inappropriata, rubare tempo, sentire cose che non avrei voluto sentire… Mentre magari dentro mi arrovellavo con domande e dubbi su quello che stavo facendo (santo cielo, che perdita di tempo ed energie)
Molto spesso, nel tentativo di evitare la vulnerabilità che il feedback richiede, facciamo proprio questo errore: evitare direttamente di chiederlo. E, di conseguenza, di confondere il risultato con il feedback stesso, appiccicandogli valenze e significati del tutto inventati e arbitrari.
Molto spesso, nel tentativo di evitare la vulnerabilità che il feedback richiede, facciamo l’errore di evitare direttamente di chiederlo. E, di conseguenza, di confondere il risultato con il feedback stesso, appiccicandogli valenze e significati del tutto inventati e arbitrari.
- “Ho inviato il curriculum per quella posizione e non mi hanno nemmeno risposto. Vedi? Sapevo di non avere abbastanza esperienza…”
- “Ho fatto un’offerta a quel potenziale cliente ma non mi ha più risposto. Vedi? Sapevo che ho sbagliato ad alzare i prezzi”
Senza un feedback chiaro ed esplicito, facciamo l’errore di prendere le nostre stesse ipotesi e supposizioni per verità.
Ma il risultato (non ottenere un colloquio o un nuovo cliente) non corrisponde sempre al feedback (mancanza di esperienza o prezzi troppo alti magari non erano in alcun modo le ragioni del silenzio, però se non chiedi non lo saprai mai!).
Caspita, a volte lo stesso feedback non corrisponde davvero al reale feedback! Nel senso che siamo molto meno razionali di quanto crediamo e spesso, fra quello che sentiamo/pensiamo e quello che esprimiamo, c’è uno scollamento che cela la vera risposta.
Oggi voglio darti 3 consigli per rendere il feedback parte della tua quotidianità e del tuo percorso di crescita.
1. Prendi l’abitudine di chiedere feedback
Lo so, richiede coraggio. Chiedere un feedback significa aprire la porta a qualunque tipo di osservazione e commento (beh, quasi). Alcuni potrebbero non piacerti, altri potrebbero metterti a disagio, altri ancora farti vedere lati di te stessa con cui non vuoi entrare in contatto.
Puoi però partire per gradi con queste due tipologie:
Feedback veloce ed informale:
“Ho finito ora quel report, hai 15 minuti per guardarlo e farmi sapere cosa cambieresti?”. Questo è un esempio di feedback veloce e informale.
Un altro esempio? Puoi invitare un capo o collega per un caffé, aggiornarvi sul lavoro che state facendo e chiedere un’opinione su alcuni aspetti di quello a cui stai lavorando (pro tip: funziona molto meglio se sei la prima a offrire feedback agli altri).
Scambi simili, inseriti in maniera casual nelle conversazioni di ogni giorno, ti consentono non solo di avere un riscontro, ma di rendere le richieste di feedback più familiari e abitudinarie.
Questo tipo di input funziona benissimo anche quando lo ricerchiamo non solo dall’alto, ma fra i nostri pari. I nostri colleghi del resto ci vedono da una prospettiva molto diversa, che può aprirci gli occhi sul nostro modo di lavorare.
Feedback strutturato e organizzato:
- Se lavori in azienda e hai un capo, puoi chiedere un incontro o call di mezz’ora specificatamente per chiedere un feedback sul tuo lavoro.
- Se lavori da sola con clienti, in un momento adatto (anche alla fine di un meeting) puoi chiedere un riscontro su come stia procedendo il lavoro insieme. “Io sono molto soddisfatta di come abbiamo lavorato su X, tu che impressione hai? Ci sono degli ambiti su cui vorresti ci concentrassimo di più nel prossimo trimestre?”.
- Se vendi un tuo servizio o prodotto, puoi (a mio avviso devi) prevedere dei momenti di feedback costanti e programmati all’interno dei vari touchpoint con il tuo cliente. Può essere tramite questionari, colloqui telefonici o focus group.
Come vedi da questi esempi, la richiesta non è mai un vago “hai dei feedback per me?” (con cui praticamente si chiede all’altra persona di fare tutto il lavoro), né una domanda talmente specifica che chiude la conversazione con un sì o un no.
Si tratta piuttosto di domande aperte che facciano emergere osservazioni ed esempi utili che puoi implementare nel tuo lavoro. Così facendo:
- Eviti che insoddisfazioni o incomprensioni arrivino al loro limite, palesando potenziali problemi che magari ci sono ma non vengono discussi (se non quando è troppo tardi)
- Metti il focus su quello che sta andando bene e che troppo spesso si dà per scontato (con conseguenti ripercussioni sul nostro livello di motivazione).
- Soprattutto, però, eviti il peggior feedback possibile: quello negativo ma silenzioso. Di chi decide che lo standard del tuo lavoro e di ciò che offri non è idoneo e fa i conti e prende decisioni che ti riguardano senza l’oste.
2. Tratta ogni commento come un semplice dato
“Si stava meglio quando si stava peggio”
“Il problema non è tanto il freddo, ma l’umidità”
“Io le critiche le accetto, ma solo se sono costruttive!”
Fra le tante frasi alla “non ci sono più le mezze stagioni”, quest’ultima mi ha sempre causato un certo eye-rolling 😀
Intendiamoci, non è che tu debba subire le critiche negative, gratuite e “non costruttive” dei troll sui social.
Però non possiamo nemmeno aspettarci che gli altri siano lì a fabbricare per noi delle critiche costruttive. Che poi “costruttive” in che senso? Nemmeno IKEA ci vende i mobili già montati.
Il punto sta nel trattare critiche, commenti e feedback (negativi o positivi che siano) come un semplice dato. Senza attribuirgli significati più ampi o un eccessivo attaccamento emotivo. Senza sentirti criticata e attaccata sul personale.
Il problema della maggior parte di noi è che preferiamo essere rovinati dalle lusinghe che essere salvati dalla critica
Spetta a te, in base al tuo carattere, i tuoi valori e i tuoi obiettivi decidere se vuoi accogliere quella critica e usarla come mattoncino per costruire la tua personale opera d’arte.
In ogni caso, ringrazia chi ha lasciato il commento, prendi quello che ti serve e lascia il resto.
A volte persino chi esprime commenti negativi e un po’ maligni ci sta in fondo facendo un regalo.
E molto spesso sono proprio queste persone che, non avendo filtri di cortesia o convenienza, mettono il dito sulla ferita. Sulle cose su cui più dovremmo lavorare.
Grazie trolls! Non diventeremo mai amici, ma ma mi avete appena regalato una nuova occasione di miglioramento.
3. Abituati a dare feedback a tua volta
Non c’è niente che naturalizza il ricevere feedback quanto il dare feedback. Rendila un’abitudine, partendo anche da situazioni semplici della vita di ogni giorno in cui c’è poco o nulla in gioco.
Un complimento a un estraneo, un apprezzamento alla proprietaria di un negozio per la selezione degli articoli scelti… sono tutti modi per prendere maggiore confidenza con questo strumento.
E, anche nel lavoro, diventare progressivamente una leader che -tramite i suoi feedback- aiuta le persone con cui lavora a migliorare, progredire e tenere alta la motivazione.
Ecco alcuni spunti da cui partire presi del decalogo del feedback di Brené Brown.
So di essere pronta a dare un feedback quando:
- Sono pronta a sedermi accanto a te, non di fronte a te (rimarcando che si è dalla stessa parte, sebbene a volte in ruoli diversi)
- Sono disposta a mettere il problema di fronte a noi, non fra di noi (rimarcando che il feedback è occasione di crescita anche del rapporto, non un muro che si erge fra le due parti)
- Mi sento pronta ad ascoltare, fare domande e accettare che potrei anche non capire del tutto il problema (riconoscendo che un feedback è sempre e solo una visione parziale, mai la verità assoluta)
- Voglio riconoscere cosa fai bene, non smontarti elencando i tuoi errori (rendendo il feedback un momento di costruzione e miglioramento)
- Riconosco i tuoi punti di forza e come puoi utilizzarli per affrontare le tue sfide (regalandoti una prospettiva diversa)
Come si dice: “empowered people empower people”. Un circolo virtuoso di cui avremmo bisogno tutti.
Hai domande o… feedback su questo tema? 🙂 Ti aspetto nei commenti o su Instagram.
Arli.
P.S. Se questo articolo ti è piaciuto, non dimenticare di iscriverti alla newsletter per ricevere tutti i nuovi contenuti per il tuo lavoro e la tua carriera.
Brigida Caggiano dice
Gentile Arli
Ogni giorno ho a che fare con i feedback
Gestire sia il personale che i clienti (centinaia) mi porta a necessitare di riceverne dai clienti ma anche a darli ai collaboratori.
Mi sono trovata spesso in situazioni complicate dove, per quanto io abbia attuato tutta l’intelligenza emotiva di cui sono munita, è scaturito un vero e proprio conflitto!
Per fortuna in tante altre occasioni invece è andata molto meglio ed ho raggiunto grandi obiettivi raccogliendo ma anche fornendo feedback professionali e costruttivi (negativi e positivi)
Sicuramente bisogna essere pronti a qualsiasi riscontro/parere.. e questo talvolta richiede molte energie ma preferisco investire energie su energie per affrontare i problemi che emergono dai feedback piuttosto che ignorarli e rimanere ferma dove sono, per quanto io sia soddisfatta delle mie competenze e della donna in carriera che sono diventata 💪🏻
Grazie Arli per questo interessante articolo (come tutti gli altri). Ritengo questo blog indispensabile per la mia quotidianità lavorativa
😎
Arli dice
Ciao Brigida,
piacere di conoscerti. Grazie tante di questo commento, sapere che negli articoli trovi degli spunti utili e interessanti per il tuo lavoro mi rende davvero felice. Complimenti per come ti approcci a questo tema. Durante gli anni di studio ho lavorato spesso nel settore dei servizi e so che può essere piuttosto consumante a livello di energie. Ma a mio avviso è giusto, bello (e alla lunga ci ripaga anche) affrontarlo proprio con questo spirito qui.
Grazie ancora e a presto,
Arli.