I grandi successi, anche nelle relazioni professionali, non sono frutto di talenti eccezionali, ma dell’abilità di perseverare, insistere e saper trasformare i “no” del nostro percorso nei “sì” che tanto desideriamo.
Se c’è una cosa che accomuna tutte le persone cosiddette “di successo”, è la loro abilità di perseverare nonostante le difficoltà, i “no” ricevuti e le porte sbattute in faccia.
In questo articolo rispondo ad una lettrice che si trova in questa situazione e condivido 5 approcci molto pratici per reagire in maniera efficace quando riceviamo un no. O ancor peggio nessuna risposta.
Partiamo dalla sua domanda:
“Ciao Arli, da poco conduco un programma televisivo in una rete locale e lo ritengo un abito cucito su misura per me. Di base so di valere, ma l’insicurezza a volte mi afferra. Ho invitato come ospite in puntata una dottoressa, che mi ha risposto che mi avrebbe richiamata e non l’ha fatto. La tentazione sarebbe quella di rinunciare e non insistere nel richiamarla. Cosa mi suggerisci?”
Ciao A.,
credo che la tua domanda possa essere scomposta in due pezzi:
- il tema dell’insicurezza
- il consiglio specifico su cosa fare quando non otteniamo subito quello che desideriamo.
Il primo è un tema davvero ampio, ma è connesso a stretto giro con il secondo punto. Se hai letto l’articolo sul braccialetto del talento, sai che c’è un modo piuttosto sicuro di sviluppare la nostra sicurezza e di mettere a tacere le vocine che tentano di sabotarci.
Ed è quello di fare. Agire. Comportarci come la persona e la professionista che vorremmo essere, anche se al momento non sentiamo ancora di esserlo.
E possiamo farlo a partire dalle cose più piccole e semplici. Perché sarà proprio su quelle cose che pian piano costruiremo la nostra esperienza e la nostra sicurezza.
Prendiamo l’esempio della dottoressa che non ti ha richiamata. Se l’hai ritenuta una persona abbastanza valida ed interessante da meritarsi una presenza nel tuo programma, perché mai dovresti “rinunciare” a richiamarla o “non insistere”?
Magari è stata molto occupata.
Forse ha avuto impegni lavorativi e personali che hanno messo la vostra chiacchierata in secondo piano.
Oppure, più semplicemente, non ha ritenuto il tuo approccio o la vostra conversazione abbastanza interessanti per investire il proprio tempo e impegno in quest’intervista e ha preferito inventarsi una scusa.
Succede. Come dice il titolo di un libro, a volte “la verità è che non gli piaci abbastanza“.
E sai che ti dico: Ma chi se ne frega?!
Piacerai alla prossima persona che piacerà anche a te. Non possiamo aspettarci sempre reciprocità e va bene così.
Qualunque sia l’interpretazione corretta, però, non importa quello che lei ha fatto o quello che lei pensa. L’unica cosa che davvero conta è quello che farai TU!
Quale messaggio darai a te stessa se ti fermerai e rinuncerai di fronte a così poco?
E quale messaggio puoi invece scegliere di dare a te stessa mettendoti in gioco per provare ad ottenere qualcosa a cui tieni?
Anche a costo di ricevere un rifiuto. O un silenzio che non sai come interpretare.
Vediamo insieme come puoi farlo.
So che non lo è. Non è mio destino rinunciare. So che non può esserlo. – Henry James, Ritratto di Signora
Il magico potere del “follow-up” nelle relazioni professionali
In inglese, il verbo “to follow up” significa all’incirca “dare seguito”, “riprendere”, “richiamare all’attenzione”.
Indica quell’azione (ad esempio una telefonata o un’email) che viene compiuta a seguito di un’altra (un colloquio, un incontro, o una decisione preliminare) per riportare l’attenzione sull’argomento e chiudere il cerchio con risultati proficui e positivi.
In ambito marketing può trattarsi di un’azione commerciale/promozionale usata come richiamo di un’azione precedente (esempio: ti invio un nuovo invito al mio evento visto che non hai risposto al primo). E molto spesso, sono proprio queste azioni di follow-up ad avere il maggior successo.
Perché noi tutti siamo impegnati. Siamo circondati da una miriade di stimoli. Da innumerevoli fonti che combattono per ricevere la nostra attenzione.
Se pensiamo a tutte le offerte o le richieste che noi stessi riceviamo, ignoriamo e rifiutiamo, come possiamo avere la presunzione di pretendere che gli altri mettano invece i nostri input in cima alla loro lista di priorità?!
Peggio ancora, come possiamo aspettarci di ricevere attenzione la prima volta che ci rivolgiamo a qualcuno che non ci conosce e a cui non abbiamo mai dato nulla?
C’è una differenza abissale, però, fra un follow-up efficace e uno spam fastidioso. Ecco come puoi assicurarti di rientrare nella prima categoria:
1. Non si tratta solo di te
Se pensi che tutto accada per colpa tua vuol dire che ti credi onnipotente – Doctor House
Consiglio numero 1: liberati del tuo ego. Anche se a volte tendiamo a crederlo, il mondo non gira attorno a noi. La buona notizia è che questo vale sia nel senso negativo che in quello positivo.
Il mondo non gira attorno a noi quando desideriamo qualcosa e non ci appare dal cielo.
Ma non gira nemmeno attorno a noi quando le cose vanno male, quando qualcuno non ci sceglie per un lavoro o non risponde ad una nostra proposta.
Ci sono semplicemente tantissime variabili in gioco, moltissime interazioni “invisibili” su cui non possiamo avere il controllo. Qualunque sia il caso, non prenderla sul personale.
Certo, se una persona mostra dei modi scorretti o sgarbati in maniera lampante e regolare, è necessario che tu faccia le opportune valutazioni. Ma se non ci sono stati palesi segni di mancanza di rispetto o professionalità (su cui non è ammissibile passare sopra), inizia a chiederti se l’unico problema non sia proprio il tuo atteggiamento.
Quando si parla di relazioni professionali, ricorda: non si tratta solo di te.
2. Follow up: fallo con umiltà, leggerezza e sicurezza
Che ci piaccia o no, nella vita nessuno ci spiana la strada verso i nostri sogni con tappeti rossi, petali di rose e un calice di champagne servito da un maggiordomo in livrea e guanti bianchi.
Quello che vogliamo dobbiamo andare a prendercelo. Se mostriamo un atteggiamento rinunciatario, se non facciamo nemmeno lo sforzo di fare una seconda chiamata perché abbiamo ricevuto l’oltraggio e l’affronto di non essere stati richiamati, quanto lontano andremo in direzione di quel desiderio?
Ricorda: il follow-up è tuo amico.
Io stessa mi trovo a volte a rispondere ad alcuni messaggi solamente perché l’altra persona mi riscrive un nuovo messaggio. E non perché non avessi voluto rispondere al primo, ma perché la vita con i suoi impegni ha la simpatica abitudine di mettersi in mezzo. Ed è giusto che ognuno preservi il proprio tempo, il proprio spazio e le proprie priorità.
Su come scrivere un messaggio efficace e rispettoso di questi elementi parleremo in in un prossimo articolo. Intanto vediamo quali sono le 3 condizioni necessarie per fare un follow-up intelligente ed efficace:
- Umiltà: metti da parte il tuo ego e fai quella chiamata. Avanza quella richiesta. Alza quella mano. Lo devi a te stessa e anche al tuo pubblico. Perché mai dovremmo privare tutte le parti in causa di un’opportunità valida solamente perché ci facciamo bloccare dalla nostra insicurezza, dal giudizio degli altri o dal fatto che è stata lesa la nostra maestà?
- Leggerezza: MAI, e dico MAI, e dico MAI – e se non fosse chiaro ripeto MAI – inviare un’email di follow-up in cui, in un modo o nell’altro, mettiamo pressione sull’altra persona o la facciamo sentire in colpa per il fatto che non ci abbia risposto. Ricorda: se sei tu che stai facendo una richiesta, non sei tu ad avere leva nella relazione. Il che non significa che devi farti trattare a pesci in faccia. Ma se stai professionalmente “corteggiando” una persona, fallo con classe. Fallo con eleganza. Fallo con leggerezza. Qualunque sia la conclusione, lascia di te un buon ricordo. Fai sì che la persona apra i tuoi messaggi con curiosità e positività, che li legga come se fossero una boccata d’aria fresca in una giornata piena di impegni. Non pensando “Madonna mia, ancora questa; ma che vuole adesso?!”
- Sicurezza: la sicurezza non la dimostri rifiutandoti di richiamare qualcuno solo perché non ti ha risposto. Al contrario, la dimostri proprio richiamandola. Se sei davvero sicura di te, non ti passa nemmeno per la testa che l’altra persona non ti abbia contattata per chissà quali oscuri motivi. Sai che le persone sono impegnate e quindi ti metti al loro servizio offrendo la tua disponibilità e cortesia, perché sai che cosa hai da offrire nelle tue relazioni professionali. Le scene “da diva” non appartengono alle professioniste, ma alle attrici alle prime armi che mascherano con un atteggiamento altero la propria inesperienza.
Non pensarci troppo. Un follow-up che racchiude questi 3 elementi può essere qualcosa di estremamente semplice:
“Ciao Sandra, come stai? Ho letto l’ultimo post che hai pubblicato su LinkedIn; mi hai strappato un sorriso con la battuta finale 🙂 Questi giorni sto riguardando l’agenda per il programma di cui ti avevo parlato; credo sarebbe un’ottima opportunità per promuovere la tua nuova attività. Saresti disponibile per una breve call per parlarne giovedì pomeriggio? Scegli pure tu l’ora. Buona giornata e a presto. Laura.”
3. Che cosa stai offrendo?
Nel contattare qualcuno, la domanda implicita che ogni persona si pone e a cui dovrai saper rispondere in maniera proattiva è la seguente: “E io cosa ci guadagno?“.
Non mi piace inserire le relazioni in un’ottica di mero e transazionale do-ut-des, ma se vuoi ricevere qualcosa da qualcuno (la sua esperienza, la sua expertise, il suo tempo) devi prima di tutti dare qualcosa. È una questione di rispetto, prima ancora che di intelligenza sociale o “convenienza personale”.
Non possiamo esigere o pretendere, senza prima aver dato. Senza prima fare tutti gli sforzi per conoscere e ascoltare la persona che ci sta di fronte. Approcciarsi la prima volta in un modo diverso da questo è il modo migliore per essere ignorati.
Le relazioni professionali più proficue, sia sul piano lavorativo che su quello umano, vanno curate e costruite nel tempo.
Se questo modo di pensare ti suona nuovo o non è un tipo di approccio che utilizzi spesso, ti consiglio di leggere con attenzione questo articolo.
4. Non mettere tutte le uova nello stesso paniere
Sai che questa espressione esiste anche in inglese?
“Don’t put all your eggs in one basket”.
Il fatto che uno stesso proverbio abbia avuto tanta “fortuna” in due lingue, culture e contesti così diversi, dovrebbe suggerirci qualcosa, non trovi? La diversificazione è sempre una buona idea 😉
Che si tratti della ricerca del lavoro, di un cliente che vorresti acquisire o un progetto che vorresti ottenere, non trattare mai quell’obiettivo come IL tuo obiettivo cardine.
Diversifica: creati un piano B e un piano C. Sii creativa. Varia.
Insomma non dipendere solamente dalla situazione attuale. Non rischiare di metterti in una posizione di “sudditanza psicologica” rispetto a quello che un’altra persona pensa, fa o decide per te (brrr). Finiresti col comunicarlo anche nelle tue relazioni professionali con un atteggiamento quasi bisognoso e poco positivo.
Rimani al comando.
Il che non significa evitare di mettere il tuo 100% in quella data situazione. Ci sono opportunità che, vada come vada, lo richiedono e lo meritano. Ma tieniti sempre aperte più opzioni e ricorda che il mare è pieno di pesci (e i panieri pieni di uova).
5. Esulta per ogni “No” che ricevi!
Sei già iscritta al mio percorso di 5 email in cui ti racconto di come ho trovato lavoro in Google a Londra in meno di 3 mesi? Se la risposta è sì, forse ricorderai anche che in una delle email consigliavo di utilizzare un sistema per gestire tutte le candidature inviate.
(Se non sei ancora iscritta, puoi farlo da qui)
Ad un certo punto della ricerca lavoro, infatti, ero alquanto scoraggiata e demotivata. Decisi così che, nella colonna dello “status” relativa a ciascuna candidatura inviata, avrei indicato con commenti esultanti e felici ogni colloquio o ruolo per cui non ero stata selezionata.
Aggiungevo quindi note come: “Colloquio fatto: yuhuuu, non selezionata!” o “Ruolo offerto ad un altro candidato: evvai!“. Non solo lo scrivevo, ma quando ricevevo la notizia cercavo proprio di sentire dentro di me quelle emozioni. Di convincermene in maniera profonda, perché di fatto era proprio così che doveva essere.
Mi abituavo cioè a ricevere ogni “no” nella maniera più positiva possibile.
Non come uno schiaffo in faccia, ma come una gentile indicazione che avevo sbagliato porta e che dovevo continuare a camminare per trovare quella giusta per me.
Non come un’occasione irripetibile che avevo appena perso, quanto piuttosto come una strada sbarrata che mi avrebbe condotta al percorso che aspettava solo me.
Era diventata un po’ una palestra di gestione dello stress e delle emozioni. L’unico potere che concedevo ad un “no” era quello di darmi un feedback su come migliorare la volta successiva.
Dunque non essere triste per un no ricevuto. Sii felice, esulta, celebra ogni “no” che ricevi: perché è un altro, piccolo passo che ti porterà al “sì” giusto per te. Un follow-up alla volta.
Arli.
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