Come si passa dall’operatività alla strategia? E prima ancora: è davvero un obiettivo a cui ambisci? Se la risposta è sì, ecco tre consigli da cui partire.
[Questo articolo è tratto da una delle newsletter del martedì di Donna In Carriera. Puoi iscriverti qui per non perderti i prossimi contenuti riservati solamente alle iscritte]
Oggi newsletter densissima. Partiamo da una domanda centrale e andiamo a scomodare e interrogare qualche tema adiacente 🙂
Ecco una mappa di quello di cui parleremo:
- Passare dall’operatività alla strategia: ecco perché vale la pena quanto meno riflettere su questo tema.
- Il mito (e la pressione) della crescita a tutti i costi.
- 3 strategie per passare a ruoli più strategici.
Let’s go!
Dall’operatività alla strategia: una domanda importante per tutti
Come faccio a passare dalla parte più operativa a quella più strategica?
Questa è una domanda che ad un certo punto della carriera ci facciamo in molte. Io, con un un’ingenuità che si può riconoscere solo a ritroso, probabilmente me la facevo già all’università 🙂
Prima di passare al come, ragioniamo insieme sul perché valga la pena anche solo interrogarti su questo aspetto.
Anche (e soprattutto) se la domanda qui sopra tu non te la sei mai posta.
- Intanto perché è un orientamento che può avere un impatto significativo, di segno positivo o negativo, sul tuo lavoro e la tua carriera [lavoro e carriera non sono la stessa cosa].
- E poi perché, per estensione, ha un impatto sul resto della tua vita anche al di fuori della sfera professionale.
Come ogni altra responsabilità, anche questo passaggio arriva col pacchetto completo di oneri e onori: maggiori responsabilità, soddisfazioni economiche, senso di realizzazione, opzionalità e via dicendo (va da sé che ciascuna di queste variabili ha sia luci che ombre).
Una cosa da tenere a mente, però, è che oneri e onori ci sono anche nella (non)scelta opposta: quella in cui decidiamo (o lasciamo che a decidere siano gli eventi) di fermarci alla sfera dell’operatività.
Per queste ragioni, non è certo una scelta che vuoi lasciare al caso, ma su cui vuoi applicare una certa consapevolezza ed intenzionalità. Sia che le circostanze ti guidino a fare il passo da operatività a strategia, sia che invece ti tengano bloccata al primo step.
Facciamo allora un passo indietro…
Crescere o non crescere?
È da circa 10 anni che vivo, osservo e studio il mondo del lavoro con un occhio e un piede su 3 mercati diversi: quello inglese, quello americano e quello italiano.
Che sia a livello macro-economico, sociale, aziendale o di venture capital, in questo lasso di tempo c’è stato uno shift importante. E con la spinta della pandemia si è riflesso anche nel mercato del lavoro, passando:
- ↗️ DA… Crescere, sempre crescere e solo crescere. A tutti i costi e con tutti i mezzi possibili. Anche a discapito del profitto, il plus-valore che è alla base stessa dell’esistenza di un’attività economica (per non parlare di tutte le esternalità negative collegate).
- 🔄 A… Crescere in maniera più gentile, sostenibile nel tempo e rispettosa di equilibri che non sono solo quelli legati alle metriche standard di successo, ma ad un modo di lavorare e vivere più integrato (con una maggiore attenzione anche ai risvolti sociali del lavorare e fare impresa).
Quest’ultimo è il modello che promuovo da anni (lo so, suona un po’ come “gne gne gne, io te l’avevo detto” :D).
L’unico che trovo davvero vincente, perché mette al centro delle tue scelte di carriera quello che davvero conta per te. Quello in cui sei unicamente brava (sì, ti assicuro che quel punto di unicità esiste per noi tutti). Il tipo di lifestyle che vuoi costruire.
Insomma, in una sola parola: mette al centro te stessa.
E se tu sei centrata, lo è di riflesso anche il tuo ecosistema; professionale, familiare, di coppia o amicizia che sia.
Senza questo baricentro, io credo che corriamo il rischio di costruire castelli di carta: belli da vedere, fragili e pericolosi da abitare.
“Vabbè, ma ‘sta specie di disamina socio-economica a cosa puntava?”
Ad espandere e innalzare un po’ il nostro punto di osservazione. Perché le scelte che prendiamo non avvengono in silos isolati. Siamo sempre, più o meno consciamente, influenzate anche dallo zeitgeist culturale in cui siamo immerse.
Zeitgeist:
1. Lo spirito culturale che informa una determinata epoca, come si riflette nella letteratura, nella filosofia, nelle arti.
2. Parola che devo sempre googlare per assicurarmi di averla scritta bene.
Prenderne consapevolezza significa anche renderti più libera di scegliere.
Quindi, mettiamo a terra queste idee con alcune domande:
- Mettendoti alle spalle il vociare e le pressioni esterne, tu come ti vedi nel tuo lavoro fra 24 mesi?
- Dove ti immagini nel tuo percorso di carriera fra due anni? O anche uno solo?
- In che modo vuoi crescere?
- Verso “l’alto” con mire espansionistiche che includano cariche formali, promozioni, nuove responsabilità e aggiornamenti di job title?
- Oppure verso “il basso”, inteso come la volontà di approfondire, di scandagliare una certa aera per specializzarti in ciò che fai e diventare un’esperta in materia?
Non tutti abbiamo il desiderio di diventare manager a capo di grandi team. Alcuni di noi trovano nutrimento (e riescono di conseguenza ad offrire nutrimento) in un movimento diverso, più obliquo o laterale. Prenderne consapevolezza ci permette di muoverci nel mondo del lavoro seguendo la corrente che più ci si addice.
In Career Branding parleremo nel dettaglio anche di questo e lavoreremo insieme sulla definizione dei tuoi motivatori di carriera (con un test di self-assessment che si è sempre rivelato molto efficace). Per sapere quando riapriranno le iscrizioni, non dimenticare di iscriverti alla newsletter da questo link.
Nota personale: A me hanno sempre attratta i percorsi ascensionali. Tanto che a 9 anni, a domanda “Cosa vuoi fare da grande?” rispondevo di voler fare “il capo”. Per fortuna a 6 anni dicevo invece di voler fare la suora, quindi le mie aspirazioni dittatoriali erano nel complesso abbastanza equilibrate.
Come passare dall’operatività alla strategia
Come promesso, parliamo ora del come. Con 3 consigli che ovviamente non esauriscono il tema, ma fanno da apri-pista.
#1 Smettila di fare la Cenerentola
La strategia, agli inizi, non è qualcosa che “fai”. È piuttosto qualcosa che assorbi, che impari quasi per osmosi, prossimità ed emulazione. Non a caso si parla di “pensiero strategico”.
E fidati, non è solo una buzzword del mondo aziendale; c’è una differenza abissale fra chi ce l’ha e chi no.
Certo, puoi studiarla su qualche libro (e io personalmente sono una grande sostenitrice dell’approccio iterativo di pratica -> teoria -> pratica -> teoria -> ripeti da capo). Ma per fare davvero tuo questo modo di pensare ti serve anche osservare da vicino chi lo pratica nelle piccole o grandi decisioni di ogni giorno.
Prima di chiedere a qualcuno di farti correre, quindi, assicurati di essere diventata bravissima a camminare.
Non è solo questione di sequenzialità, ma anche di spazio e fiducia. Se il/la tua manager si fida di te, se sa che un compito assegnato a te sarà portato a termine (o che in caso di problemi lo segnalerai prontamente suggerendo soluzioni), creerai anche più spazio e tempo per fare domande, chiedere di essere inclusa in certe riunioni o processi decisionali.
È in quello spazio liminale che si piantano i semi della crescita professionale.
Occhio però a non lasciare che quello spazio e tempo venga fagocitato da ulteriori scadenze, urgenze e cose da fare in cui sei sempre e solo tu a dare. Del resto “sei così brava“, perché non assegnarle a te? 😊
Nel giusto contesto, impegno e dedizione non vengono premiati solamente con una busta paga a fine mese.
Altrimenti finisci come Cenerentola che chiede di andare al ballo.
“Ma certo che puoi venire, Cenerentola” – risponde la matrigna. “SE finisci in tempo la lista chilometrica di faccende che ti ho assegnato”.
COROLLARIO: Il fatto che un tuo superiore si fidi di te, conta tanto quanto il fatto che tu ti “fidi” del tuo superiore. Ovvero che sia qualcuno che rispetti sotto il profilo umano e professionale. Che sia qualcuno che rispetti sotto il profilo umano e professionale. Qualcuno le cui intenzioni e promesse reputi affidabili. E che rispetta a sua volta i suoi impegni nei tuoi confronti e nel piano di crescita che avete concordato insieme.
#2 See it, say it, do it
Se questo è davvero un obiettivo a cui tieni, rendilo tale. Specificalo a te stessa e anche a chi di dovere.
Aiuterà entrambe le parti a tenersi “accountable” verso l’obiettivo. Tu ti sentirai più libera nel fare certe richieste e l’altra parte più responsabile nel coinvolgerti di più nel dietro le quinte.
Nella pratica questo può corrispondere ad un cambiamento anche solo del 5% del tuo tempo (diciamo 2 ore in una settimana di 40 ore, all’inizio magari anche un po’ meno). L’importante però è iniziare ad essere come “gutta cavat lapidem”, la proverbiale goccia che scava la roccia.
Detta anche come la direbbe uno dei miei migliori amici:
Devi rompere le scatole
Personalmente, se dovessi investire del tempo in questo punto al di là degli impegni lavorativi standard, lo dedicherei al tema del networking.
Ho sempre avuto un rapporto di odio/amore con l’argomento, fin troppi pregiudizi e a volte poca proattività. Ma non c’è stata volta in cui, buttandomi, non ne abbia tirato fuori qualcosa di buono, anche “solo” a livello di una nuova conoscenza o amicizia, o un’ora passata a fare una conversazione interessante (dici poco…)
Del perché questo aspetto è così importante quando si sale di seniority, ti ho parlato in questo video e anche in questa challenge gratuita di 3 email dedicata all’argomento.
#3 If you can see it, you can be it
Questo è il punto più “passivo”, ma non per questo meno importante.
Tu puoi anche avere un’idea vaga o nebulosa dello spazio che vuoi occupare e del modo in cui vuoi farlo, ma ancora una volta poche cose ti aiuteranno a farlo che trovare delle figure da prendere ad esempio e da cui farti ispirare.
Pensa a podcast, interviste, eventi di settore; il tuo goal dev’essere quello di avvicinarti a quelli che sono appena 1 o 2 passi sopra al tuo ruolo attuale.
Parecchi anni fa, ad esempio, ricordo che ascoltavo spesso “The CMO Podcast”, in cui l’ex CMO di P&G, Jim Stengel, intervista altri Direttori Marketing e CMO di grandi brand globali.
Sono abbastanza sicura che agli inizi mi sfuggisse almeno un 20% di ciò di cui si parlava. Ma il punto è proprio quello.
Andare, come dicono gli inglesi, “out of your depth”. Letteralmente: fuori dalla tua profondità, dalla tua portata. Lì dove non tocchi. Perché è lì che sei costretta a nuotare un po’ di più, con un po’ più di forza. A rafforzare quei muscoli che ti serviranno più avanti.
Alcune cose magari non le capirai nell’immediato, ma fidati: proprio come con la memoria muscolare, la tua mente le immagazzinerà da qualche parte e le tirerà fuori quando ne avrai più bisogno.
L’importante, a quel punto, è non diventare come quelli che su LinkedIn scrivono post indirizzati ad Elon Musk per spiegargli come gestire le sue aziende miliardarie 😇
Ricorda che tutti questi passaggi richiedono tempo, pazienza e persistenza.
Ma prima ancora richiedono consapevolezza; perché non vuoi certo scalare una montagna per anni, salvo poi accorgerti che era la montagna sbagliata. O che a te la montagna manco piace e preferisci una bella vacanza al mare 🙂
Buon lavoro!
Lascia un commento