Saper farsi valere, nell’ambito lavorativo come al di fuori, è una dote essenziale per la tua carriera e il tuo benessere personale. Un’abilità che spetta a te allenare e mettere in pratica.
Ci pensavo mesi fa, durante un periodo lavorativo particolarmente intenso e carico di responsabilità.
Ci ho ripensato poi qualche giorno fa, nel tratto fra l’ufficio e la casa del mio insegnante di pianoforte, nel quartiere di Bloomsbury, tra il British Museum e le tante librerie e piccole gallerie d’arte.
Esposta in una di queste, c’era un quadro raffigurante un solo braccio che usciva fuori dall’acqua, stagliandosi su un cielo rosa con in mano un cartello riportante la scritta: “I’m ok“.
Come a dire:
“Sto annegando, ma tranquilli, sto bene”.
“Il carico di lavoro è decuplicato, ma tranquilli, ce la faccio“.
“In casa sempre più responsabilità ricadono su di me, ma tranquilli, posso star dietro a tutto” (del resto, non sono proprio le donne ad essere dotate della magica capacità di multitasking?)
Insomma, l’unica a perdere tranquillità, alla fine della fiera, rimani tu.
Farsi valere: alza la mano!
Sia quel quadro, che il mio periodo di lavoro piuttosto intenso, mi hanno ricordato quello che diceva spesso una mia ex collega di lavoro:
“Se il lavoro diventa troppo alzate la mano e fatelo presente“.
Certo, il fatto che il consiglio venisse dato in un contesto lavorativo in cui imperversava una forma leggera e strisciante di mobbing orizzontale*, rendeva la situazione alquanto curiosa. Questo, però, non rende meno valida l’esortazione né l’insegnamento.
[*Mobbing orizzontale: indica “l’attuazione di comportamenti vessatori o aggressivi reiterati nel tempo perpetrati ai danni di un lavoratore da parte di colleghi di lavoro”]
Uno degli errori che le donne commettono più di frequente (al lavoro ma anche fuori) è quello di mettersi troppo spesso nei panni della brava ragazza. Della studentessa da 30 a lode. Della bambina che siede composta a tavola, finisce tutti i compiti in tempo e fa felici i genitori.
E’ l’errore di essere in qualche modo troppo compiacenti. Di non voler causare in alcun modo disturbo. Di volere e (sentire di) dovere prendersi carico di tutto quello che non va, delle consegne che arrivano in ritardo, dei compiti che “lo so che sono le 7 di sera, ma questo deve assolutamente essere pronto per domani alle 8“.
Traduzione: “io sono arrivato in ritardo (e ho causato il problema), puoi pensarci tu (e trovare la soluzione)?”
Queste donne (e a volte anche uomini) si preoccupano così tanto di fare bene il lavoro, che dimenticano totalmente di far presente il lavoro che hanno fatto (ne abbiamo parlato al punto 6 di questo articolo).
Se è vero che ogni lavoro ha i suoi picchi che vanno affrontati con professionale disponibilità e flessibilità, è altrettanto vero che farlo in maniera sistematica inficia il tuo lavoro, la tua autorevolezza e non in ultimo le performance, la produttività e i profitti dell’azienda per cui lavori.
Questo vale anche per le situazioni in cui non sappiamo qualcosa ma per qualche timore non chiediamo.
O per quelle in cui sappiamo di poter offrire un contributo, ma per paura non ci candidiamo.
Difficile riuscire a farsi valere, se le condizioni a cui sottostiamo sono simili. E in simili situazioni, quello che dobbiamo fare è costringerci ad un piccolo atto di coraggio e obbligarci ad alzare la mano…
Alza la mano per chiedere aiuto
Se pensi di stare facendo un favore a qualcuno, lavorando per un periodo di tempo molto esteso su un progetto che di persone ne richiederebbe tre, ti sbagli di grosso.
Certo, lo so, in molte realtà lavorative sembra che i datori di lavoro non chiedano altro. Qualcuno che al prezzo di 1 faccia il lavoro di 3. Una sorta di 3×1 delle risorse umane.
Ma quanto è sostenibile questo ritmo nel lungo periodo? Quanta specializzazione e attenzione porta, ai vari progetti che si stanno seguendo e ai risultati dell’azienda?
E’ una questione di lungimiranza. E se manca a chi è dall’altra parte del tavolo, non significa che debba fartene contagiare anche tu.
Ti senti con l’acqua alla gola sul lavoro e non ti trovi a tuo agio a chiedere aiuto? E’ arrivato il momento di farsi valere.
Proviamo a guardare alla questione in questi termini.
- Assumiamo che al momento impieghi (o per meglio dire disperdi) le tue energie e le tue capacità fra 6 diversi progetti. Quanto credi migliorerebbe la tua produttività se potessi concentrarti solo su (diciamo) 3 di questi? Avresti più tempo per fare ricerche approfondite e specializzarti sugli argomenti trattati, per chiedere più pareri da parte dei team coinvolti, per definire una strategia efficace e a lunga gittata, piuttosto che una tattica per rattoppare quegli aspetti che non vanno bene in questo trimestre. Che tu alzi la mano per chiedere che si aggiunga una persona in più nel team, o per chiedere al tuo capo di redistribuire il lavoro in modo da concentrarti meglio su un dato aspetto, in entrambi i casi dimostri un atteggiamento proattivo e un’attitudine al pensiero strategico.
- Caricarti di lavoro, essere stressata, rischiare il burnout, non ti renderanno l’impiegata dell’anno, né la salvatrice della situazione.Nel famoso periodo stressante di cui ti ho parlato, io ho dato il mio massimo nel lavoro come era giusto che fosse, ma ad un certo punto il carico è diventato obiettivamente troppo. Da “brava ragazza” che deve riuscire a fare tutto da sola non l’ho certo segnalato alla mia manager. Lei, d’altro canto, si è accorta della situazione e mi ha offerto di farmi aiutare da un’altra persona nel nostro team.Se lì per lì ho apprezzato che avesse riconosciuto i miei sforzi e il mio impegno, ripensandoci a mente fredda ho realizzato che in realtà non c’era nulla di professionale nel mio atteggiamento.La professionalità non sta nel non dover mai chiedere aiuto, ma nel saper riconoscere quando quell’aiuto è necessario. Un bravo professionista non gioca a fare l’eroe.
- Se ti sobbarchi tutto il lavoro e lo stress connesso, se fai passare le tue ore di straordinari in sordina, se non parli in franchezza della situazione, non permetti al tuo capo e all’azienda di comprendere quali sono realmente le risorse necessarie per quel ruolo o quel progetto. Non stai solo danneggiando te stessa, ma stai anche falsando i metodi di misurazione del tuo lavoro.
Nota bene: questo non vale solo in ambito lavorativo, ma anche in casa, in famiglia, con il tuo partner, gli amici e in qualche altro ambito che ritieni rilevante.
Alza la mano per fare domande
“Lentamente muore / chi non fa domande sugli argomenti che non conosce”
Diceva così una famosa poesia della poetessa brasiliana Martha Medeiros (per anni erroneamente attribuita a Neruda). Come darle torto?
All’inizio della nostra carriera a volte commettiamo l’errore di non chiedere per paura di sembrare dei principianti (ho una notizia per te: chiunque, all’inizio di una nuova attività, è un principiante!).
In seguito smettiamo di chiedere per timore di minare la nostra autorevolezza e credibilità, per paura di fare domande su qualcosa che “beh, ma forse, magari, chissà“, dovremmo già sapere.
Risultato?
Quello che non conoscevamo continuiamo a non conoscerlo. E a chi è utile, lavorare con un timoroso ignorante (inteso, va da sé, nel senso più letterale del termine)?
Ti faccio degli esempi in cui non solo puoi, ma devi, alzare la mano e trovare la sicurezza di chiedere:
- Se si continua a fare riferimento ad un termine o un argomento che non conosci. Hai il sospetto che invece dovresti conoscerlo e così lo cerchi su Google ma non trovi nulla. Ci sta, può essere qualcosa di specifico che appartiene alla terminologia o al glossario della tua azienda. Non avere timore di chiedere. Se ti senti a disagio a chiederlo dopo diverso tempo, puoi sempre usare una frase del tipo: “Scusate, sento nominare spesso questa sigla e mi sono resa conto che si tratta di un termine ricorrente. A cosa si riferisce esattamente?
- Se un aspetto del tuo lavoro inizia a vertere in maniera preponderante su una disciplina o delle conoscenze che non possiedi. Se ad esempio il nuovo progetto di cui ti occupi richiede una maggiore conoscenza del project management, perché non fare una ricerca su quali siano i migliori corsi online o dal vivo e chiedere al tuo capo di pagarti la spesa e/o le giornate di formazione? Devi ovviamente rendere evidenti quali sarebbero i vantaggi per il lavoro che stai svolgendo e per l’azienda. Ma anche in questo caso chiedere è un gesto di consapevolezza e maturità professionale.
Alza la mano per dare risposte
Abbiamo imparato dell’importanza di alzare la mano quando si ha bisogno… di una mano.
Abbiamo parlato dell’importanza di alzare la mano quando si ha una domanda per cui si cerca una risposta.
Ora parliamo di quando le risposte in mano le hai tu, e qualcuno è dall’altra parte a fare le domande.
Hai presente la poesia che ho citato al punto precedente? Ecco, guarda caso continua così:
“Lentamente muore / chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce”
Eccoci qui. Un altro ambito in cui le tue paure danneggiano non solo te, ma anche chi ti sta attorno. Quando è il momento di alzare la mano per dare risposte?
- Ogni volta che hai la risposta. Non avere timore di mettere in mostra le tue conoscenze; te le sei guadagnate (impara da Hermione e dal suo modo di farsi valere ;)). Nè di far sentire la tua voce quando le domande arrivano da chi è più in alto di te. Se sei dove sei è per una buona ragione e quella ragione di certo non coinvolge scene di mutismo o attacchi di insicurezza. Affrontali, passo dopo passo.
- Quando la risposta sei tu. Lo sapevi che secondo uno studio interno dell’HP, gli uomini inviano il proprio curriculum per un lavoro quando ritengono di possedere il 60% delle qualifiche richieste, mentre le donne lo fanno solo quando pensano di possedere il 100% di quelle qualifiche?Voglio dire: nemmeno Jeff Bezos, il fondatore di Amazon, possiede il 100% delle qualifiche necessarie per essere il CEO di Amazon. Eppure, il 27 luglio dello scorso anno è svettato in cima alla classifica “uomini più ricchi del mondo” con un patrimonio stimato di 90 miliardi di dollari (dollaro più dollaro meno, ma chi li conta…)Considerato che gran parte dei recruiters sparano piuttosto in alto, quando si tratta di assunzioni e offerte di lavoro, significa che tantissime donne in gamba e capaci si precludono da sole tantissime opportunità di lavoro che -se guardiamo a queste classifiche- molto probabilmente andranno a uomini (o altre donne più sicure) che magari sono anche meno preparati.Se pensi di possedere almeno il 60% delle qualifiche richieste per un lavoro. Se pensi che quel ruolo ti cadrebbe a pennello. Se credi che tutto il tuo bagaglio di conoscenze, esperienze e personalità potrebbero portare un valore aggiunto all’azienda per cui vuoi candidarti: alza la mano, poi abbassala e premi decisa “Invio” quando invii il curriculum.
Come diceva sempre mio cugino per gli esami: “Non bocciarti da sola prima dell’esame. Casomai lascialo fare ai prof. il giorno dell’esame”
Farsi valere è fondamentale nell’ambito lavorativo e anche fuori. E per farlo servono preparazione, esperienza, professionalità, ma anche consapevolezza di sé e del proprio valore.
Quel che è certo, è che mentre tu sei lì titubante a domandarti se sia o meno il caso di alzare la mano per fare una domanda, fare quella proposta, chiedere quell’aumento… qualcun altro al posto tuo avrà già preso la parola.
Perciò alza la mano.
E’ il modo migliore che hai a disposizione per andare avanti senza muovere un solo passo.
Buona settimana,
Arli.
* * *
Lo so che è insensato dire a qualcuno di non avere paura. Fallisco regolarmente nel convincere persino me stessa. Eppure aiuta dire a noi stesse di combattere le paure ad ogni stadio delle nostre vite. A scuola, non avere paura di alzare la mano. Quando partecipi ad una riunione, non avere paura di sederti al tavolo. Non avere paura di dire la tua opinione. Non avere paura di aspettare per trovare un compagno di vita che ti supporti nel realizzare i tuoi sogni. E non avere paura di essere completamente presa dalla tua carriera, anche se pianifichi di avere una famiglia. Combattendo queste paure, le donne possono raggiungere il successo professionale e l’appagamento personale – e scegliere liberamente l’uno o l’altro… o entrambi.
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