Lo stress da lavoro si estende alla nostra vita personale, alla salute e alle relazioni. La storia di questo articolo ci invita a una riflessione profonda e a semplici modi per ridurlo.
Se ultimamente ti sei sentita stressata dal tuo lavoro, oberata dai compiti da portare a termine e messa all’angolo dalle tante scadenze, responsabilità e priorità, oggi vorrei farti leggere questa storia e riflettere insieme su alcuni aspetti.
La storia del manager e del pescatore
Un manager americano di un certo successo, in affanno per lo stress da lavoro e su ordine del medico, decide finalmente di prendersi un periodo di vacanza in un piccolo villaggio costiero di pescatori. Un giorno, camminando sul molo dopo una telefonata un po’ concitata, vede una piccolissima barca carica di tonni e un solo pescatore.
Incuriosito, il manager si complimenta con il pescatore e gli rivolge una domanda: “Quanto ci hai messo a pescarli?”
“Questi? Oh, pochissimo tempo!” risponde il pescatore.
“Come mai non stai fuori più tempo per pescare più pesce?” ribatte allora il manager.
“Perché questo pesce basta a sostenere la mia famiglia e anche per regalarne un po’ ai miei amici” spiega il pescatore.
“E come trascorri il resto del tempo?” chiede incredulo il manager.
Il pescatore sorride e gli risponde: “Dopo aver pescato gioco con i miei figli, riposo con mia moglie, trascorro tempo con i miei amici passando le serate a suonare la chitarra e bere buon vino. Ho una vita piena e ricca di impegni”.
Il manager sorride a sua volta e, con l’aria di chi la sa lunga, risponde: “Sai, ho un MBA ad Harvard e posso darti una mano. Vedi, se tu dedicassi più tempo a pescare, potresti acquistare una barca più grande. All’aumentare dei profitti potresti comprare una barca ancora più grande e poi altre barche ancora. Non avresti più bisogno di un intermediario, perché potresti vendere direttamente ai clienti e aprire un conservificio. Ovviamente dovresti lasciare questo piccolo villaggio e trasferirti a New York, dove potresti gestire l’espansione ed internazionalizzazione dell’azienda affiancato dal giusto management team“.
Allora il pescatore, un po’ perplesso, domanda: “Ma quanto tempo richiederebbe tutto questo? Io ho già quarant’anni”.
Al che il manager risponde: “Fra venti, venticinque anni al massimo, potresti lanciare una IPO, vendere le azioni della tua azienda e diventare davvero ricco, milionario!”
“E poi?” chiede il pescatore.
“E poi potresti finalmente lasciare il lavoro e trasferirti in un piccolo villaggio costiero di pescatori. Potresti pescare un po’, giocare con i tuoi figli, riposare con tua moglie, trascorrere tempo con i tuoi amici suonando la chitarra e bevendo buon vino”.
Stress da lavoro: necessario o auto-inflitto?
La storia del manager e del pescatore è, nella sua semplicità, davvero illuminante.
Viviamo in una società che ci vuole performanti. Una società in cui la quantità batte spesso la qualità. In cui il grande vince sul piccolo e Golia schiaccia Davide. In cui dobbiamo crescere di più, guadagnare di più, accumulare di più, spendere di più, fare, essere, diventare sempre di più. Di più. Di più.
E se invece di sforzarci di essere sempre più grandi, ci concentrassimo sull’essere sempre più grandiose? Non nel conto in banca o nel numero di follower, ma nel modo in cui viviamo una vita autentica.
Pensa quanto sarebbe liberatorio. Pensa quanto saresti libera dall’idea di competizione o stupido confronto.
Quello che stavo dicendo è che costa molto essere autentica, signora mia. E in questa cosa non si deve essere tirchi, perché una è più autentica quanto più somiglia all’idea che ha sognato di se stessa – Tutto su mia madre
Ultimamente mi sono trovata spesso a riflettere su questa dittatura della crescita e ad immaginare una decrescita felice applicata sul piano personale.
E non mi riferisco certo all’idea di tirare i remi in barca e smettere di lavorare nella direzione dei nostri sogni. Questo ultimi spesso richiedono tanto impegno, lavoro e sacrificio che tanti non sono disposti a fare.
Mi riferisco piuttosto all’idea di lavorare sì duramente, ma seguendo i nostri valori, i nostri obiettivi, la nostra bussola interiore.
(Ri)parti da qui
Uno dei libri più belli che abbia letto quest’anno si intitola Lost Connections (tradotto in italiano come “La fine del buio“). L’autore, Johann Hari, in un lavoro di ricerca incredibile individua sette “connessioni” che abbiamo perso nel mondo moderno e che ci mettono alla mercé di sentimenti e disturbi come ansia e depressione.
Queste includono ad esempio la disconnessione da un lavoro ricco di significato, dalle altre persone, da valori personali realmente importanti, dal rispetto altrui per ciò che si è e si fa, dalla natura e da un futuro sicuro e speranzoso.
Lo stress da lavoro e gli attivatori di ansia e depressione hanno la loro radice proprio lì. Dall’aver perso la nostra bussola interiore. Pensaci e prenditi un attimo per riflettere insieme:
- Se ti chiedessi quali sono i tre valori per te più importanti nella tua vita, sapresti rispondermi? Quanto tempo dedichi a pensare alle attività da portare a termine ogni giorno e quanto invece a riflettere sul tipo di giornate che vorresti vivere nella tua vita? Il modo in cui vivi e lavori è allineato con ciò che è davvero importante per te?
- In che misura quello che fai nasce da un tuo desiderio profondo e quanto invece rispecchia la ricerca di status, di approvazione, di omologazione all’ambiente in cui vivi e alle persone di cui ti circondi?
- Il lavoro che svolgi ogni giorno, otto ore al giorno, ti permette di esprimere la tua parte più autentica? Ti avvicina ai tuoi ideali e alla persona che vuoi essere? Quante delle 3C soddisfa?
- Nei momenti di stress da lavoro, ansia e preoccupazione, quante volte ti fermi a chiederti “Questa incomprensione col collega, avrà un valore fra un anno, un mese o un’ora?”. Oppure: “Questo ordine arrivato in ritardo, cambia ciò che sono, ciò che voglio dalla vita e quello che mi aspetta al di fuori del lavoro?”. Quando ti ossessioni per il numero sulla bilancia, sui followers di Instagram o del conto in banca, ti chiedi se queste cose sono davvero allineate a ciò che per te è davvero importante?
- E soprattutto: quanto spesso ti soffermi a goderti quello che già hai, ciò che fino ad un anno fa ti sembrava un sogno, quello che fa parte degli ingredienti della tua personale ricetta per una vita felice?
La libertà non è fare quello che ci va di fare. La libertà è sapere chi sei, cosa sei destinata a fare e poi farlo.
Ritrova la tua bussola
Troppo spesso ci troviamo a nuotare e annaspare in un mare agitato. A volte questa sensazione ci fa persino sentire bene, potenti, galvanizzate. Perché la società dice che dobbiamo fare e noi facciamo. La società dice che dobbiamo spingere più forte e noi spingiamo più forte. E qualcuno, ogni tanto, ci dà anche una pacca sulla spalla.
Quando però la mareggiata finisce, quando torna il sereno e ci guardiamo attorno, corriamo il rischio di accorgerci di aver nuotato a vuoto.
Senza guardare alla prossima riva che vogliamo raggiungere, senza una reale meta o destinazione. Come nella storia del manager e del pescatore, possiamo ritrovarci a correre per qualcosa che è già a portata di mano, ma che rimandiamo sempre alla prossima promozione, al prossimo obiettivo, al prossimo risultato raggiunto.
Ad un più in là che, ricordiamocelo, non ci è nemmeno garantito.
Lavorare è necessario per la nostra libertà e indipendenza economica, per la nostra crescita e realizzazione personale. Ma non smettere mai di chiederti: tu vivi per lavorare o lavori per vivere?
Ogni risposta è giusta e lecita, purché sia la tua e tua soltanto.
Ci sono tante tecniche e strategie che possiamo utilizzare per alleggerire il carico di stress e pressione lavorativa (se ti interessa l’argomento, fammelo sapere nei commenti e ne parlerò in un prossimo articolo).
La soluzione, però, è sempre alla radice, alla sorgente, alla matrice unica.
Il tuo lavoro è solo una parte di ciò che tu fai. Conta molto di più ciò che tu sei e che vuoi.
Arli.
La vita è veramente molto semplice, ma noi continuiamo a complicarla – Confucio
P.s. Cerchi altri consigli, spunti e strategie pratiche per la tua carriera? Non dimenticarti di iscriverti alla newsletter per ricevere i contenuti esclusivi che condivido solamente lì 🙂
Desiree dice
Buongiorno Arli,
Come sempre un articolo che dà moltissimo spunti su cui riflettere, grazie.
Sarei davvero interessata ad apprendere delle tecniche di gestione dello stress sul lavoro, in particolare mi rendo conto che la paura di commettere un errore mi fa agitare e alla fine ne commetto più di uno.
Spero leggerai il mio commento.
Nel frattempo, grazie di tutto.
Un caro saluto,
Desiree
Gaia dice
E’ una bellissima storia! Mi fermo spesso a pensare a quale sia il senso di ricercare sempre qualcosa in più, che non abbiamo ancora. Penso che sia dovuto anche dall’istinto umano di “caccia” per la sopravvivenza, e soprattutto di competizione. Nonostante i tanti momenti di sconforto e di incertezze, ho capito che è importante anche saper apprezzare il momento presente e i piccoli risultati quotidiani, e secondo me capire cosa vogliamo parte prima di tutto da questa consapevolezza del quotidiano: cosa ci piace? cosa vorremmo cambiare? di quello che vorremmo cambiare, è un bisogno biologico, mentale o aspirazionale?
Max dice
Ciao,
questa storia è veramente antica come il mondo e ne esistono versioni differenti, detto ciò è sempre piacevole rileggerla.
Io ho deciso di fare il pescatore a 35 anni…adesso a 50 ho voglia di fare l’americano.
L’ultimo.consiglio gratuito che voglio darti per quanto ogni cosa che scrivi sia sempre fatta bene, interessante e divertente..,….
questo post..era troppo lungo ma è solo una mia opinione perché dopo la metà ho saltato la punteggiatura
Federica dice
Ciao Arli, bellissimo articolo… mi piacerebbe conoscere le tecniche e le strategie che possiamo utilizzare per alleggerire il carico di stress e la pressione lavorativa.
Un saluto
Federica 🙂
Pamela dice
bellissimo articolo! sì, vorrei anche io imparare delle tecniche per non soffrire a lavoro. Nello specifico sono sempre mortificata quando faccio un errore. Inoltre vorrei dipendere meno dagli umori dei colleghi e dai loro diversi ritmi lavorativi. grazie! Pamela